Come un navigante nel mare aperto della sclerosi multipla

Anniversario di una trasformazione.

vela
Lo avevo sempre guardato, ma mai, in diciassette anni, avevo pensato a quanto potesse essere bello vederlo, il cielo.
Un 1° giugno, il giorno dopo il mio compleanno, l’occhio destro iniziava a dare segni di cedimento:  in poco meno di tre giorni non vedevo quasi più nulla con entrambi gli occhi. Quel giorno divenne “il” 1° giugno.
Neurite ottica. Partiva all’attacco. Il primo.
Medici, ospedali, neuropsichiatria infantile, visite, analisi, risonanze. Ero io la protagonista di quei famosi test psicologici ed intellettivi tanto studiati al liceo e, tutto sommato, questo mi divertiva anche.
Arrivò il momento della rachicentesi . “Non guardare”, mi dissero. Neanche il tempo di sentirlo che già fissavo quell’ago gigante che sarebbe entrato tre volte nella mia schiena. Che dolore.
Poi il grande giorno, giorno del vento di cambiamento.

Una stanza del reparto di neuropsichiatria infantile, doveva essere una di quelle dove si tengono i medicinali, non lo ricordo bene. Mamma piangeva, e fin qui poteva anche essere tutto normale, ma papà…no. Qualcosa di serio li aveva pietrificati: proprio loro che erano stati così forti durante il ricovero, imboccandomi, portandomi in bagno, mentre io venivo continuamente alimentata anche dalle flebo.
Guardai la dottoressa.
“Hai la sclerosi multipla” disse.

Feci solo una domanda, Dio solo sa il perché: “E’ ereditaria?”. Lo ammetto, avevo paura della risposta.

La settimana successiva iniziai il quarto anno di liceo. Che annata!
Costantemente accompagnata da tre siringhine settimanali di interferone, avevo lividi ovunque, mi vergognavo di farmi vedere, di non potermi sedere, ero infastidita dal dover essere schiava di un farmaco che doveva stare in frigorifero ma essere cacciato due ore prima dell’iniezione e mi sentivo in colpa per tutte le notti che svegliavo i miei genitori e mio fratello chiedendo aiuto, insofferente alla luce, la testa tra le mani per cercare di placare il dolore mentre mi dondolavo quasi autisticamente. A volte ancora mi capita, per fortuna non più tanto spesso, grazie anche alla nuova terapia.
Così, come un’araba fenice, dalle ceneri la vita.
Con il tempo ho iniziato a metabolizzare, a parlarne, a capire di dover rispettare la mia malattia, altrimenti lei non avrebbe mai rispettato me, a…vivere.
Beh, sì, paradossalmente ho iniziato a vivere soltanto da cinque anni e, nonostante i successivi attacchi, le nuove lesioni, la vita non mi stanca, mai. Scelgo di viverla, in tutta la sua pienezza. Anzi, spesso, se c’è qualche spazio, lo riempio senza pensarci due volte. Potrei chiamarla sete di vita o…follia…beh, d’altronde essere un po’ folli non è male secondo me. E lo dico io che sono una sclerata.
La sclerosi mi ha insegnato a scegliere, la vita come le persone. Mi sono scoperta, mi sto conoscendo. Me, senza troppi schemi, una ragazza normale, universitaria, piena di sogni, per non parlare dei difetti, ma felice per un niente,  spesso auto-ironica all’inverosimile, che prova ad essere una pianista dallo spirito fagottista, che ama ascoltare il vento ricordando la sua città natale e parlare con la luna.

Una navigante, quasi sempre all’arrembaggio, che cerca di fare quel che può.

Navigando, sono approdata per caso nella famiglia AISM, ed ho incontrato persone speciali, sclerate e non. Naviganti come me, con me, accanto a me, in mare aperto, per scelta o per destino.
Magari senza questa “cara” compagna di vita, anche se a volte litighiamo, non sarei chi sono e non vivrei questa vita, esattamente con chi e nel modo in cui voglio farlo o…almeno, ci sto lavorando.

Elisa

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8 commenti

  1. cesare vurro Reply to cesare

    quando si ha una malattia come la sm, non sai mai cosa dire, se confortare, se disperarsi, se cercare di essere allegri per dare conforto e non apparire tristi. dirti forza non serve, ognuno di noi difronte a questo macigno caduto addosso ha la sua personale reazione, brava se sei forte io non ci riesco.ciao

  2. Anch’io ho la sclerosi multipla da ben 14 anni(io la chiamo SERPE MALEFICA)siamo tanti con tante storie diverse ….bisogna andare avanti senza mollare e non dargliela vinta!!!!

  3. Brava Elisa. Vivere normale, secondo me, è segno di grande forza ed è il modo migliore per affrontare la malattia. Non molliamo e andiamo avanti. Continua a seguire i sogni perché (mi permetto di rubare una frase a Nesli), sono i sogni che facciamo a portarci lontano.

    Un abbraccio da un fratello sclerato.

    Manuel

  4. Ciao anche io ho avuto due attacchi di neurite ottica
    Il dramma adesso sono in cura perenne per prevenire gli attacchi
    Ci sono giorni che vivo da leone apprezzo tutto quello che mi riserva
    La vita giorno dopo giorno
    Ti capisco benissimo

  5. Quando hai parlato dei tuoi genitori stavo per piangere anch’io! Accidenti! Non posso al lavoro!
    Ciao

  6. Ciao cesare, la tua frase ” io non ci riesco” … da un senso di razionalità umana… e anche se hai scritto non ci riesco dai un senso di “forza intellettuale”… forse ho scritto un commento poco comprensibile… ma non trovavo le parole per scrivere semplicemente che mi è piaciuto il tuo commento.

  7. Oriana fazzioli Reply to Oriana

    Ciao Elisa , io mi chiamo Oriana e sno una NAVIGANTE come te !Ho la SM da taaaaaaanti anni ( quasi 40 ) e condivido tutto cio’ che hai scritto . Siamo in tanti , uniamoci ! L ‘ Unione fa la forza e ci aiuta !
    Siamo persone come tutte le altre , con dei disturbi come tante persone hanno . Siamo coraggiosi :
    Affrontiamo i disturbi , combattiamo , resistiamo, li risolviamo , chi piu’ , chi meno , ( e’ solo questione di fortuna , purtroppo ) e poi ricominciamo tutto daccapo !!! Stare uniti e condivifere , secondo me , ci aiuta moltissimo ! W l’ AISM che ci da’ tante possibilita’ di incontrarci e di fare attivita’ utili e piacevoli ! Volevo soltanto dirti questo , brava , conserva il tuo coraggio e …. sii ostinata ! Ciao , possiamo farcela !!! Un grande abbraccio !!!! Kisskisskiss !!!

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