Il primo sintomo a 17 anni, ma oggi sono felice

Oggi pubblichiamo la storia di Manola, una donna che incontra inconsapevolmente la sclerosi multipla quando era ancora una ragazzina, per poi ritrovarla da donna. Una donna che, nonostante, tutto non si è arresa.

Inverno 1993. Come tutte le sere di quell’ultimo periodo, guardavo dalla finestra della cucina la camera del ragazzo di cui ero follemente innamorata, per vedere se la luce era accesa. Mentre portavo avanti quel rito, quella sera, all’improvviso, mi resi conto che non vedevo dall’occhio destro. Paura e ansia. Da lì è cominciato quasi tutto.

Avevo 17 anni e la prima diagnosi fu sbagliata: mi dissero che avevo avuto un’encefalite dovuta ad un vaccino per l’epatite B, che avevo fatto proprio in quel periodo. Forse quell’errore fu un bene perché mi permise di continuare a vivere la mia adolescenza e la mia vita.

Nel frattempo, infatti, mi sono sposata e ho avuto un bambino, desiderato e cercato, Gian Marco. Lui è la mia vita ed è la mia forza. Poco dopo la sua nascita, però, ho cominciato ad avere un formicolio ai piedi che mi impediva di mettere anche le ciabatte. Non distinguevo il pavimento dalla scarpa o dal tappeto, ma non mi importava. Avevo il mio amore e quando lo abbracciavo mi passava tutto. Ho aspettato che il tempo passasse e fortunatamente insieme a lui passò anche il formicolio.

A distanza di tre anni dalla nascita di mio figlio, a dicembre 2006, è arrivata una doccia fredda. Tutto era cominciato con un forte prurito alla spalla ed un’incredibile pesantezza di braccio e gamba destra. All’inizio feci finta di niente, il mio medico e amico neurologo si era trasferito all’estero ed io non volevo vedere nessun altro. Ho lasciato passare i giorni, almeno fino a quando mi sono ritrovata a fare i conti con la realtà: all’inizio di gennaio 2007 non riuscivo più ad alzare la gamba.

Davanti a questa evidenza ho dovuto arrendermi ed andare in ospedale dove, dopo i soli esami, cominciarono subito la terapia con cortisone, poi arrivò la risonanza magnetica ed infine la diagnosi.

Questa notizia fu come un fulmine a ciel sereno, anche se in fondo credo di averlo sempre saputo: negli anni precedenti al fatidico giorno, gli unici acquisti per beneficenza che facevo erano destinati ad AISM. Chissà…

Ricordo che all’uscita dell’ospedali mi sedetti su un muretto in attesa che mio padre mi portasse a casa. In quel momento cominciai a piangere e, mentre in macchina mio padre mi chiedeva il perché di quella reazione, mia madre disse semplicemente che era giusto. Sì, era giusto.

I giorni seguenti furono pesanti. Il cortisone non mi faceva dormire e così passai le notti a guardare film e TV in compagnia di mio marito che, non volendo lasciarmi sola, restava sul divano insieme a me ad abbracciarmi forte.

Per esorcizzare la paura, nei primi tempi, raccontavo a tutti ciò che mi era capitato e che mi era stata diagnosticata la sclerosi multipla. Lo dicevo agli altri, ma in realtà lo dicevo a me stessa. Questa notizia portò alcuni amici a scappare, altri a spaventarsi, altri a non lasciarmi più.

All’inizio, il mio amico medico, il mio angelo custode, continuava ad inviarmi materiale da leggere: voleva che io conoscessi tutto sulla SM, mi informassi, ma io non ne avevo nessuna voglia, nessuna intenzione. Per un sacco di tempo ho lasciato quei fogli chiusi in una busta, poi un giorno cominciai a guardarli e a leggerli con attenzione.

Nonostante tutto, nonostante la gamba bloccata, nonostante il cortisone e la mia disperazione, continuavo ad andare avanti, continuavo a fare la mamma e ad accompagnare e riprendere mio figlio da scuola. Come sempre Gian Marco pretendeva, dopo scuola, di passare un po’ di tempo in un parchetto vicino ed io, con l’aiuto e la presenza discreta di mia madre, che non mi ha mai lasciato, lo accontentavo.

In una di queste occasioni successe una cosa che mi fece reagire. Eravamo al parco e Gian Marco cominciò ad inseguire il pallone che stava andando verso la strada. D’istinto mi sono alzata con la volontà di corrergli dietro, ma la mia gamba si è bloccata. Ero come piantata per terra. Mia madre raggiunse il bambino riuscendo ad evitare il peggio, ma il fatto di non aver potuto fare niente per mio figlio fece montare dentro di me una rabbia ed una disperazione che mi fecero capire che dovevo lottare. Non dovevo più trovarmi in una situazione simile e dovevo fare tutto il possibile per stare meglio.

Decisi di cominciare quella terapia che inizialmente avevo rifiutato e ripresi la mia vita. Facevo la mamma e andavo a lavoro. Non fu semplice: tra auto iniettore ed effetti collaterali del farmaco, mi sentivo a pezzi, ma non volevo fermarmi. Volevo fare tutto da sola.

Poco dopo l’inizio dell’interferone ed una ricaduta, è arrivato senza preavviso un grande dono: Leonardo. Ho continuato a lavorare fino all’ottavo mese, a seguire Gian Marco e la casa, tutto da sola. Ero felicissima. Una felicità non condivisa dai miei genitori, soprattutto da mio padre, con il quale non mi rivolsi parola per un mese. Erano arrabbiati, ma oggi capisco che quella loro rabbia era solo paura. Ben presto, però, la mia felicità e la mia voglia di vivere prevalsero e contagiarono anche loro.

La gioia per la nascita di Leonardo, mise tutto in secondo piano: la scoperta della SM, le incomprensioni con mio padre. Mentre ero ancora in ospedale, una mattina arrivò con un pacchettino: conteneva una piccola collanina con un ciondolo a forma di cuore. Quel regalo insolito, per lui, era la dimostrazione del suo amore per noi e il suo modo di chiedere scusa.

Tornata a casa allattai mio figlio per un mesetto, poi ricominciai l’interferone e feci una risonanza di controllo: avevo solo una piccola placca che per la sua posizione, non mi dava alcun sintomo.

In questi anni ho avuto la fortuna di incontrare tante persone eccezionali, medici che mi hanno aiutato ad affrontare momenti difficili. Tutti loro hanno un posto speciale nel mio cuore, soprattutto lei, la neurologa che mi ha dato la diagnosi, quella che mi ha abbracciata quando ha saputo della mia seconda gravidanza, che mi ha trasmesso una visione positiva del futuro, la mia neurologa, che purtroppo ci ha lasciati.

Da quel 2007 non ho più dovuto ricorrere al cortisone, nessuna ricaduta. Oggi mia madre mi dice spesso di non stancarmi troppo, di non stressarmi, ma io le dico con allegria che non conducessi la vita che conduco, se non facessi le mille cose che faccio, forse non sarei la persona che sono e non starei così bene. Pensate, sono anche il capitano della squadra di rugby delle mamme per la società per la quale giocano anche i miei figli.

Credo che dobbiamo darci una possibilità e credere che, a volte, nella vita, possiamo essere noi a far andare le cose nel verso giusto. È difficile, ma dobbiamo almeno provarci, dobbiamo crederci e pensare che, comunque vadano le cose, possiamo dire di averci provato.

Manola

 

La SM pediatrica che, a giudicare da quando sono arrivati i primi sintomi, ha colpito anche Manola, si stima interessi fino al 10% dei casi di sclerosi multipla. Ci sarebbero fino a 11.000 giovanissimi con SM in Italia. AISM è impegnata a tutto tondo per fornire un’informazione corretta e completa su questo tema, e a sostenere la ricerca scientifica. Tra le altre iniziative, è in fase di avvio un progetto coordinato dalla Prof.ssa Amato dell’Università di Firenze – Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi – e condotto in collaborazione con i ricercatori AISM, che valuterà l’efficacia di un training per trattare i disturbi dell’attenzione in ragazzi tra i 9 e i 18 anni, tramite una app. Se vuoi saperne di più.

 

Se anche tu vuoi raccontare la tua storia e condividerla, scrivi a blog@giovanioltrelasm.it

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4 commenti

  1. Ma quanto mi hai fatto piangere….
    Continua così,brava!Anche io mi alzo la mattina solo per mio figlio!Un bacio

  2. Eugenia Della Seta Reply to Eugenia

    Ti ho conosciuta come la mamma super attiva di Leonardo, compagno di classe di mio figlio….Quasi per caso,in risposta ad una mia domanda-forse poco opportuna-mi dicesti di avere la SM . È stato imbarazzante per me ascoltarti,dopo che ti avevo sciorinato tutti i miei banali problemi…. Eppure la naturalezza con cui ne parlavi,l’ottimismo nell’efficacia delle terapie unito alla voglia di non farsi precludere una vita normale,che trapela dalle tue parole,mi hanno sbalordito!La tua storia,la tua forza e la tua risata prorompente e contagiosa sono un inno alla vita!E.

  3. Ciao Manola,

    condivido con te….l’essere sempre così attive ci fa stare bene!!!

  4. Silvia Cancelli Reply to Silvia

    Ciao Manola….bella testimonianza!!
    Sono Silvia e la sclerosi Multipla da 31 anni…diagnostica 27 anniaddietro. Avevo 26 anni al momento della diagnosi e purtroppo non ho avuto la tua fortuna…la mia non è una forma benigna. Sono in sedia a rotelle dal 2002 e benché io non mi sia affattoarresa, anzi, faccio mille cose…mi chiamano Tsunami (!!!) , non ho la tua forma…più clemente.
    Non è facile convivere con la Sclerosi Multipla…ma si può fare.
    Ci vuole grinta e passione per la vita.
    ….in direzione ostinata e contraria.
    Non arrendersi mai.
    Silvia.

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