Tutto quello che avresti voluto chiedere ad Alice Laroni, neuroimmunologa di professione

Alice Laroni è una ricercatrice che si occupa di neuroimmunologia e segue una sperimentazione con cellule staminali mesenchimali che sta per iniziare. Attualmente lavora con il team di Antonio Uccelli a Genova. È specializzata in neurologia e in particolar modo si occupa di sclerosi multipla. Una ricercatrice giovane, con già molta esperienza.  Per Tutto quello che avresti voluto sapere sulla ricerca scientifica (ma non hai mai osato chiedere) le ho chiesto di raccontarmi le sue ricerche, i sogni e le prospettive per la persone con SM.

 

 Come vive il suo impegno da ricercatrice?  Quando e come ha deciso di iniziare a svolgere questo lavoro?
«Vivo la mia vita di ricercatrice con impegno e passione. Sono sempre stata affascinata dagli aspetti sconosciuti e misteriosi del nostro organismo, più che da quello che si sa già. Per questo ho scelto di occuparmi di ricerca: per cercare delle risposte alle molte domande che ci poniamo sul funzionamento del nostro corpo e su come difenderlo dalle malattie. Le esperienze di ricerca che ho fatto nel corso della specializzazione al centro sclerosi multipla dell’Università di Padova, in laboratorio per un anno all’Università di Harvard e, da due anni e mezzo, al centro sclerosi multipla dell’Università di Genova mi hanno confermato che questa è la strada che fa per me. Insieme all’attività clinica con le persone con SM, che dà un senso al mio lavoro».

 

Lo studio sulla SM è capitato o è stato una scelta? Come è successo?
«Sono un medico, ho scelto di specializzarmi in neurologia perché il funzionamento del sistema nervoso è molto complesso e ancora assai poco conosciuto. Studio la SM fin dalla mia tesi di laurea, perché trovo che la SM rappresenti una sfida che deve essere vinta e perché penso che si possa fare molta ricerca di qualità in questo campo».

 

Quali sono i suoi sogni e le sue speranze in merito?
«Per fortuna moltissimi ricercatori, in tutto il mondo, grazie al fondamentale contributo economico di tante persone, lavorano per comprendere i meccanismi che scatenano questa malattia e la mantengono. Una grande speranza è sempre che si riesca a intervenire su questi meccanismi per evitare che ci si ammali di SM o per guarire dalla malattia. Probabilmente questo traguardo non è vicinissimo. L’altra mia speranza, che nasce dal mio rapporto quotidiano con le persone con SM, è che si riesca a trovare terapie sempre più efficaci e individualizzate, in modo che ciascuna persona malata possa ricevere quella più adatta a sé e stare bene. Credo che su questo si stia procedendo velocemente e che questo obiettivo sia già, almeno in parte realizzato».

 

Quale è stata fino ad ora la soddisfazione più grande che ha avuto?
«Le soddisfazioni più grandi del mio lavoro derivano dall’attività clinica con le persone con SM. Poi naturalmente ce ne sono molte altre, ad esempio un’ipotesi scientifica che si rivela esatta, o la scoperta di meccanismi di funzionamento dell’organismo ancora sconosciuti».

 

Si sente molto parlare di cellule staminali, ci può spiegare cosa sono e come funzionano? A che punto sono le ricerche in merito? Ci sono già dei trattamenti con le cellule staminali che già vengono fatti? Se no, quando potremo averli?
«La maggior parte delle cellule del nostro organismo sono altamente specializzate nel compiere un lavoro : ci sono cellule ad esempio che producono succhi gastrici, cellule che uccidono i microrganismi estranei, cellule che depositano l’energia, che producono ormoni, e così via. Le cellule staminali sono cellule che non hanno ancora un “lavoro” definito. Questo le rende preziose perché si pensa possano essere istruite a sostituire cellule distrutte dalle malattie. Si è poi visto che alcune di queste cellule staminali, ed in particolare le cellule chiamate mesenchimali, sono in grado di regolare l’attivazione delle cellule del sistema immunitario che può scatenare la SM ed i suoi attacchi. Inizierà presto una sperimentazione in un gruppo di persone con malattia attiva per capire se questo è vero tramite l’analisi dell’effetto sull’infiammazione, misurata con esami di risonanza magnetica. Se i risultati saranno positivi, le cellule staminali mesenchimali potrebbero diventare un’arma in più contro la SM. Un altro tipo di cellule staminali sono quelle del sangue, chiamate ematopoietiche. Diversi studi hanno dimostrato che l’autotrapianto di cellule staminali ematopoietiche può essere molto efficace in persone con SM molto attiva; poiché tale terapia può essere rischiosa, è riservata a chi presenta una malattia ad andamento tumultuoso e non risponde ai trattamenti approvati. Infine ci sono un terzo tipo di cellule staminali, le cellule staminali neurali, presenti nel cervello, che sono in grado di agire contro l’infiammazione e ricostruire i tessuti nervosi. Attualmente la ricerca su tali cellule è volta a mettere a punto un modo sicuro per verificarne l’efficacia nell’uomo».

 

Bisogna avere delle caratteristiche particolari per poter fare trattamenti con le cellule staminali?
«I trattamenti con cellule staminali sono, al momento, tutti sperimentali. Questo significa che per essere sottoposti a tali terapie bisogna rientrare nei criteri di inclusione delle varie sperimentazioni. Uno scopo dei criteri di inclusione è di garantire che solo le persone che non hanno risposto alle terapie approvate siano esposte a trattamenti che, è importante ricordarlo, non sono ancora usati nella pratica clinica e potrebbero essere rischiosi. Inoltre, le sperimentazioni, ed in particolare quella appena approvata dell’ISS con cellule staminali mesenchimali, si rivolgono a persone con malattia molto attiva, perché gli studi sperimentali hanno dimostrato finora che le cellule mesenchimali hanno un forte effetto antinfiammatorio. Questo non toglie che in futuro tali terapie, se si dimostreranno efficaci, potranno essere rivolte a gruppi più ampi di malati, dopo approvazione da parte delle autorità che regolamento l’uso delle terapie».

 

Possiamo sperare in una guarigione o perlomeno in un recupero di alcune funzioni grazie alle cellule staminali?
«Per il momento non ci sono evidenze del fatto che le cellule staminali possano portare a guarigione. Gli studi sul trapianto di cellule staminali ematopoietiche hanno dimostrato che questa terapia può “resettare” il sistema immunitario e bloccare l’infiammazione, modificando profondamente la storia della malattia, per lo meno per alcuni anni, pur non portando a guarigione. Alcuni lavori sperimentali sembrano indicare che le cellule staminali mesenchimali e neurali possono rimpiazzare, almeno in parte, alcune cellule danneggiate; è importante però notare che, soprattutto per quanto riguarda le cellule mesenchimali, altri studi non hanno confermato questo risultato. Una sperimentazione con cellule mesenchimali su un gruppo di persone inglesi con SM progressiva, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet Neurology, ha dimostrato un piccolo miglioramento di alcuni parametri della funzionalità visiva dopo il trattamento; questi risultati andranno confermati in gruppi più ampi».

 

Lei lavora in Italia, che difficoltà per il fatto di condurre qui le sue ricerche?All’estero è meglio o peggio?
«Lavorare in Italia presenta per me, ma credo per molti, sia vantaggi che svantaggi. Da neurologa, apprezzo molto l’unione tra attività clinica e ricerca di base che spesso caratterizza il lavoro nel nostro Paese. Questo approccio aiuta ad avere una visione più ampia, più completa sulla malattia. Penso che il contatto e lo scambio continuo con le persone con SM mi permetta di focalizzare la ricerca sulle domande a cui è più urgente rispondere. Gli svantaggi principali sono la burocrazia  complicata che può rallentare molto l’attività di ricerca e le strutture, quasi sempre non all’altezza di quelle estere. Migliorando questi aspetti, si migliorerebbe ulteriormente il livello della ricerca italiana, spesso comunque già molto buono o ottimo».

 

 

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4 commenti

  1. “Vivo la mia vita di ricercatrice con impegno e passione” ..e grazie!

  2. Bella intervista anche questa!

  3. non pensavo che avere un deficit come sm potesse portare al licenziamento non essere più in grado di svolgere il tuo impiego. e non svolgere perfettamente l’altro impiego alternativo sono rimasto abbastanza male
    mi sono dimezzato lo stipendio a causa della sm ma senza soddisfare gli interessi economici aziendali

  4. Mario Arrigoni Reply to Mario

    Paz. dei primi studi ed articoli, figlio di diabetico tipo 1 che ti aveva fornito prelievo per studio e tesi. Sarei interessato come paziente e collega medico su possibilità e studi su cellule staminali. Indirizzo mail fornito, tel. 340\201644. Attualmente in terapia con Fingolimod.
    Grazie e a presto Amice. Un abbraccio d mARIO.

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