Ho sempre amato prendere un foglio, o meglio un diario di quelli che si usavano alle Superiori che al posto della O avevano una mela stilizzata, e scrivere, disegnare, dipingere, trasformare in forma qualcosa che non ho mai saputo esprimere con le parole. Credo di aver scritto chilometri e ogni tanto mi piacerebbe capire che distanze reali potrei tracciare su una cartina geografica. Mi immagino con una biro sotto i piedi a lasciare macchie di me in giro per il mondo.

Parole. Parole. Parole. Scritte, disegnate, colorate, mimate, vissute, non dette. Tenute dentro ad aspettare il momento giusto per farle scoppiare. Sì, scoppiare, come un fiume in piena che lungo il suo percorso aumenta la rabbia e la foga. Parole apparentemente prive di un significato ma ricche nell’animo. Parole alle quali non hai mai saputo dare un’attenzione particolare ma che, tutto ad un tratto prendono vita, e ti accorgi che ogni modo di comunicare con il mondo esterno è in continua evoluzione dentro al tuo corpo.

Scrivi, parli, balli e canti e fai attenzione a ogni verso che esce dalla tua bocca. Ancora: leggi per imparare, leggi per conoscere, leggi per immedesimarti in ogni riga di quell’autore che tanto ti piace, leggi per sapere. Non mi è stato dato il dono della loquacità in pubblico, forse la timidezza ha sempre avuto la meglio, ma riesco ad esprimere il mio io cosi. Ho scritto parole di dolore, di rabbia, ho scritto parole d’amore, ho scritto i miei pensieri, ho scritto frasi di canzoni, ho scritto canzoni che poi ho cantato nel silenzio della mia camera. Ed è per questo voglio ringraziare chi mi dà la possibilità di farlo e chi soprattutto perde un po’ del suo tempo a leggere di me, di questa sclerata che sembra una roccia per la fisicità che si porta dietro, ma che in realtà ha bisogno di nascondersi dietro un pezzo di plastica ripieno di inchiostro.

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