Perché, prima o poi, la vita trionfa sempre.


Sono due mesi e mezzo che osservo una ristretta porzione di mondo dal silenzio di una finestra, da quando una pesante recidiva della mia sclerosi multipla mi ha costretto al riposo, dall’inizio del nono mese di gravidanza. Sì, proprio quella gravidanza che avrebbe dovuto proteggermi e mettere in pausa la malattia.

Ma si sa, la medicina non è mai una scienza esatta che ti garantisce il 100% delle certezze e,
quando scegli di intraprendere un percorso, conosci fin dall’inizio i rischi a cui vai incontro.

Ma io, scegliendo la vita, con tutti i suoi timori, mi ero detta che ci avrei pensato se fosse capitato.

E, alla fine, è capitato.

Questa foto è stata scattata un po’ di tempo fa, in uno dei rari momenti di pausa dal dolore fisico, quel dolore che, durante le sue crisi più acute, ti toglie la lucidità per ragionare e il fiato per
respirare.

Quel dolore che ti porta a uscire da te stessa e a non riconoscerti più. Quel dolore che fagocita le tue giornate e non ti permette di goderti la gioia del momento, perché non lascia spazio per nient’altro.

Neanche per tuo figlio.

In questi giorni di bombardamento farmacologico, nella stanza in ospedale, ci sono altri pazienti a farmi compagnia, durante le lunghe mattinate, con intrecci di racconti e di storie condivise.

F. sta facendo infusioni di cortisone come me, ma lui è un neo diagnosticato. Parla poco, è pieno di dubbi e timori sul suo futuro. Vive in Inghilterra, ma ha deciso di tornare qui per farsi curare. Mi
chiede se la mia vita sia cambiata, in questi 7 anni. Mi dispiace scoraggiarlo, nel farmi vedere in
questo mio momento, ma cerco di dargli fiducia e infondergli coraggio e speranza per il suo futuro.
Anche se so, dentro di me, che la sclerosi multipla è così varia e imprevedibile da rendere impossibile sapere come andrà davvero, da persona a persona.

K., invece, è in reparto per le infusioni di immunoglobuline. Ha la Miastenia Gravis, diagnosticata a
maggio, e lunedì si opera a Milano per la rimozione di una ghiandola. Ha 23 anni. 23. Mi ha detto che la sua vita è già cambiata, perché prima praticava sport, ma ora non può più farlo, perché il sistema nervoso non conduce bene il comando ai muscoli, che vanno in affaticamento, poiché attaccato dal sistema immunitario che ne inibisce i recettori.

A 23 anni devi goderti la vita in tutta la sua spensieratezza, devi avere la forza e la grinta per
spaccare il mondo. Ma non puoi pensare a questo, no, non puoi farlo. Eppure lo fai. C’è una strana luce, negli occhi di chi soffre per la convivenza con patologie, una sorta di “allegria dei naufragi” che ti spinge a non essere mai stato così attaccato alla vita, e a volertela riprendere più che mai, senza arrenderti.

Per andare avanti nonostante tutto.

Troppa gente dovrebbe far visita nei reparti degli ospedali dove ci sono persone che soffrono,
soffrono davvero, per ridimensionare tutto, per capire cosa sia davvero importante. Perché, quando hai conosciuto il vero dolore, impari a non lamentarti per le sciocchezze, a non avere voglia di arrivare, di sgomitare, di scavalcare, di metterti in mostra, di sottrarre agli altri per dare a te stesso. E capisci che non c’è tempo per praticare la cattiveria.

Perché la verità è che non abbiamo tempo.

Perché quando ti ritrovi a perdere l’autonomia nei piccoli e banali gesti quotidiani, come
percorrere le scale, affrettare il passo, mangiare, vestirti, lavarti e asciugarti i capelli, senza che
qualcuno ti aiuti a farlo, capisci che la vita è un attimo e in quello stesso attimo puoi perdere tutto.
Anche la cura di tuo figlio.

Ma siamo tutti fragili, nessuno di noi è immune. E non c’è tempo per perderci in cose che non
siano davvero importanti. Gianmaria non è con me in questi ultimi giorni, così piccolo sta già imparando a fare a meno della mamma. È però circondato da uno scudo di protezione di ben due famiglie di casa, che non ci stanno lasciando soli neanche per un attimo. Cosa è capace di fare l’amore, quello non ostentato, quello basato sui fatti e non sulle parole.

Perché ho deciso di scrivere?

Perché la testimonianza diventa ancora più importante nel dolore e va portata avanti negli alti e
nei bassi, anche quando quei bassi diventano abissi.

Perché è molto più facile parlare e dare “lezioni di vita” quando le cose vanno bene e tutto
sommato non puoi lamentarti, quando ti arrampichi per ferrate e cammini su cavi sospesi di ponti tibetani.

Ma è proprio dagli abissi che devi imparare a risalire: come quello di un primo ciclo di
corticosteroidi che non ha sortito gli effetti sperati, di un parto anticipato da una terribile induzione che ti ha fatto star male durante un travaglio interminabile, di una riacutizzazione della stessa
recidiva nel periodo delicato del post partum, di un nuovo ciclo di corticosteroidi che si spera
finalmente fermi tutto e ti aiuti a risalire.

Per uscire a riveder le stelle.

Ma so che questo accadrà, perché la mia croce di vetta, questa volta, sei tu, mio piccolo Gianmaria.
Quella più ardua e difficile da raggiungere. Perché, come accade in montagna, durante la salita, non bisogna guardare la vetta che ci sembra irraggiungibile, ma concentrarsi sul sentiero, passo dopo passo, per non perdere di vista le insidie che sono sotto i nostri piedi. E per non cadere.

E quando più la fatica si fa estenuante, quando più il rifugio ci sembra ancora troppo lontano,
quando stiamo per arrenderci perché il cammino tutto in salita sembra non finire mai, ecco che
la vediamo, la nostra vetta tanto agognata, che ci ripaga di tutta la fatica.

Ed è una sensazione di felicità impagabile.
Impareggiabile.
Per questo, come recita un detto himalayano:
“Kalipè”, passo corto e lento.

Non mettere il passo più lungo della gamba. Procedere lentamente, per resistere più a lungo e arrivare più lontano.
E la vetta, prima o poi, arriva.
Eccome se arriva.
Perché, prima o poi, la vita trionfa sempre.

A.

Se vuoi condividere la tua storia su queste pagine scrivi a blog@giovanioltrelasm.it

Related Images:

Rispondi

Ho preso visione dell’Informativa sulla Privacy e acconsento al trattamento dei miei dati personali