Storie per un mondo libero dalla sclerosi multipla

Due chiacchiere con la ricercatrice Benedetta Bodini, Premio Montalcini 2017

 

Durante il Congresso tenutosi in occasione della Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, di cui vi ho già parlato, ho avuto la fortuna e l’onore di fare due chiacchiere con Benedetta Bodini, che si è aggiudicata il Premio Rita Montalcini 2017 per la sua attività di ricerca. Mi ha spiegato, in parole molto semplici, le modalità e gli obiettivi della ricerca condotta a Parigi, presso l’ospedale Pitié Salpêtrière.

«Utilizziamo una tecnica molto avanzata di imaging cerebrale – dice – Sappiamo che la risonanza magnetica è utilissima per contare le lesioni o fare la diagnosi di sclerosi multipla e anche come strumento di prognosi per vedere se la terapia sta funzionando o meno. Con la risonanza magnetica vediamo le lesioni, però non vediamo quello che succede dentro le lesioni, perché si tratta di uno strumento quantitativo».

Insomma, «la sclerosi multipla è una malattia che colpisce la mielina e dalla risonanza magnetica la mielina non si può vedere. Utilizzando invece una tecnica nuova che si chiama tomografia a emissione di positroni, grazie a un tracciante debolmente radioattivo che va a colpire e si lega ai diversi cellule interessate dalla malattia, possiamo misurare separatamente le varie componenti».

Quali studi state conducendo ora?
«Lo studio più importante che abbiamo fatto fino ad ora è stato trovare un tracciante che si lega alla mielina, così da poter misurare in ogni lesione quanta mielina si perde ma anche, a distanza, quanta mielina si recupera, perché esiste un processo di rimielinizzazione spontanea nelle persone con SM. Quindi abbiamo ottenuto due risultati fondamentali con questo studio. Il primo è che ogni paziente rimielinizza a modo suo, quindi ci sono i pazienti che rimielinizzano bene e quelli che rimielinizzano male. Nessuno aveva mai visto in vivo, cioè nella persona, questi processi. Il secondo risultato fondamentale è che il potenziale di riparazione spontanea della mielina, è correlata alla scala clinica di ognuno. Questo ci dice che se noi siamo dei buoni riparatori di mielina la nostra prognosi è migliore».

Che conseguenze avranno questi risultati  per le persone con SM in futuro?
«Nei prossimi anni emergeranno i farmaci rimielinizzanti, quindi noi innanzitutto con questa tecnica possiamo valutare se questi farmaci sono efficaci o no, perché misuriamo la quantità di mielina prima e dopo e vediamo se aumenta o no. In secondo luogo, visto che è così importante la rimielinizzazione per la sopravvivenza del neurone e quindi per  la situazione clinica della persona, in teoria se io riesco a migliorare la rimielinizzazione del paziente, il paziente andrà meglio clinicamente, avrà un miglioramento effettivo della condizione clinica».

Completamente affascinata da Benedetta e da quello che mi stava raccontando, faccio una domanda…

Questo miglioramento si può avere anche in uno stato di malattia molto avanzato?
«
Questo non lo sappiamo, perché lo studio che abbiamo condotto è su persone con SM recidivante  remittente, giovani e con SM molto attiva. Il nostro prossimo obiettivo è quello di fare il medesimo studio nei pazienti progressivi, proprio per rispondere a questa domanda. Nella forma progressiva di SM pensiamo ci sia una finestra terapeutica, cioè una fase di progressione della malattia all’inizio, e non sappiamo quanto dura (lo scopriremo molto presto), in cui, se trattiamo​ i pazienti proprio in quella fase, preveniamo la morte del neurone con la rimielinizzazione. Ma se noi ci spostiamo da quella fase li è troppo tardi. Quindi il nostro prossimo obiettivo è identificare questa finestra terapeutica in chi ha la SM progressivia e vedere quanto dura. Dura mesi? Dura anni? Un anno? Due? Non lo sappiamo. Lo scopriremo nei prossimi anni».

Da giovane con SM, tutto questo dà molta speranza.
«Non bisogna dare false speranze. È un’idea concreta, che sembra funzionare molto bene. Adesso bisogna vedere sul campo però. Voglio, ad esempio, vedere di quanto migliora la rimielinizzazione con i farmaci rimielinizzanti che usciranno. Del 20%? O del 50%? E qual è la soglia che mi permette di prevenire la neurodegenerazione? Ti risponderò a questa domanda, spero, tra cinque anni».

Colgo l’occasione per ringraziare di nuovo Benedetta Bodini, che è stata disponibilissima e che è riuscita a spiegare una ricerca così complessa e importante in parole semplici, in modo da renderla accessibile anche a noi giovani (non esperti, almeno nel mio caso, di medicina).

3 risposte

  1. Buongiorno e grazie, Benedetta.
    Spero in medicinali, rimielinizzanti.
    La mia è, SMSP.
    Seguo tanto la, ricerca.
    Prof. G. Martino e tutti.
    Da Carla Taveggia, Mancardi, Uccelli ed il carissimo neurologo, Dott. Pasquale Vivo.
    Buon lavoro e grazie a, voi tutti

    Antonio Raia

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