Un’altra storia di sclerosi multipla: “Io donna guerriera in cerca di approdo”

“Oggi posso apprezzare il sentirmi me stessa e il non temere più gli sguardi altrui, ma per anni mi sono prefigurata questo momento. Così come mi prefiguravo il momento in cui io e il mio compagno ci saremmo lasciati. Quasi, in un certo senso, anticipando il dolore”

Ancora una lettera, un racconto di sclerosi multipla, un tema da affrontare insieme. Vi riportiamo oggi questa storia, di cui è protagonista una donna guerriera, che affronta tutte le sfide della sclerosi multipla e non si arrende mai. I suoi dubbi, le paure, le conquiste, i suoi desideri. La lettera è stata pubblicata su SM Italia 4/2012  – bimestrale d’informazione dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla – dove trovate anche la risposta di Fiamma Satta, giornalista, autrice e conduttrice radiofonica. Firma ogni martedì su La Gazzetta dello Sport «Diversamente affabile, diario di un’invalida leggermente arrabbiata», una rubrica in cui racconta i suoi incontri con l’inciviltà.

E voi cosa ne pensate?

 

Passare, due anni e mezzo fa, dal deambulatore alla carrozzina è stato tutt’altro che facile. Era dal 2008 che camminavo a fatica, diagnosi nel 2005. Ma figuriamoci, non accettavo neppure l’uso del bastone, e via in giro a nascondere il problema, appoggiandomi agli amici. Farmaci, ricadute, dentro casa con un deambulatore perché avevo paura di cadere e degli incidenti domestici, ma fuori no, fuori rigorosamente da sola, a fatica perché mi vergognavo. E la fatica, sempre incessante. Mi davano fastidio gli sguardi altrui. Detesto essere compatita. 

 

Due anni sono passati, tra il deambulatore e l’«approdo» finale alla carrozzina. Due anni sofferti, in cui mi prefiguravo il passo definitivo verso la disabilità. Solo grazie a un percorso d’autonomia, ho iniziato a non curarmi degli sguardi altrui, a chiedere aiuto, a sentirmi «me stessa». Ho scelto e provato 3 o 4 carrozzine diverse, alla fine la mia l’ho trovata. Ed è stata una liberazione! La carrozzina mi ha ridato la capacità di fare le cose. Non ho più paura di cadere da sola in casa. Al lavoro faccio 3 turni la settimana e mi sono organizzata con l’autobus e con l’assistente domiciliare, che poi è diventata un’amica. Insomma è vero, da qualche parte alla fine sono «approdata ». Ma non è stato un approdo facile. Oggi posso apprezzare il sentirmi me stessa e il non temere più gli sguardi altrui, ma per anni mi sono prefigurata questo momento. Così come mi prefiguravo il momento in cui io e il mio compagno ci saremmo lasciati. Quasi, in un certo senso, anticipando il dolore. Poi è successo, davvero. Lui non era pronto a sostenere tutto ciò. E anche qui: nel dolore che c’è stato, ho tirato un sospiro, perlomeno di liberazione.


Come va oggi? Va che sto pian piano recuperando la mia identità. Ma restano comunque dei nodi per me difficili da sciogliere. Gestire la settimana lavorativa, la malattia, la fatica e anche l’ausilio, ti prende tempo. E ti affatica. E di tempo per coltivare i rapporti sociali, trovarne di nuovi, e chissà mai, anche un nuovo compagno, ne resta ben poco. E poi ancora il grande dubbio sul fatto che un uomo possa accettare questa mia condizione. Ho sempre aiutato (la mia famiglia), non ho mai mollato (il lavoro), fra poco trasloco in una casa accessibile (anche alla mia carrozzina), ma insomma… Passata la paura e fatto il «famoso passaggio», vorrei capire se riuscirò a recuperare una vita davvero mia: una vita di donna, punto. Seduta o in piedi che sia.

Lettera firmata

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13 commenti

  1. Toccante, vibrante….una vera donna che affronta quel famoso passaggio doloroso con grande CORAGGIO!

  2. io ho la sm dal 2005 sno in carozzina e nn lavoro per la stanchezza che provo, non rfiesco a superare lo sguardo della gente che è come se vedesse un mostro, se solo sapessero che l’unica cosa che ci distingue è che io sono seduta mentre loro no. mi chiamo katia e mi ha fatto piacere conoscerti

  3. Daniela Lunghi Reply to Daniela

    Il mio è un percorso analogo, per fortuna però il mio
    compagno mi è stato accanto.
    Quello che posso dirti è che, una volta accettata la carrozzina,
    si possono fare ancora molte cose. Bisogna coltivare hobbies ed interessi, comunicare, anche con Facebook, cercare vecchi amici.
    Io, per es., ho ritrovato un gruppo di ex compagni del liceo.
    Mi telefonano, mi vengono a prendere a casa e mi aiutano ad uscire,
    ho scoperto che ci sono persone disponibili e gentili, basta cercarle e accettare il loro aiuto.
    auguri, Daniela

  4. “Come va oggi? Va che sto pian piano recuperando la mia identità…” ti sei data la risposta da sola, certo, con la tua forza e voglia di vivere, riuscirai a recuperare una vita davvero tua.. un abbraccio sincero

  5. Luigi Tilio Reply to Luigi

    Ognuno di “noi” racconta la propria vita per svuotarla da quei pensieri che “RULLANO” nella propria mente, e li scrive.
    Si ha sempre qualcosa da scrivere e chi ha una mente lucida, ma una “compagna sconosciuta”, si allontana da questa, pur se scrive della stessa con chi è nella stessa situazione. “Scrivere” è un modo per “oscurarla” e non “riaccendere” la luce per “vederla”. Consegnare al proprio “postino” un pensiero che possa “alleggerire” quello di “altri/e”, “insegna” che la “vita” è dolcissima nel momento in cui riusciamo a “dialogarci nei momenti più brutti”.
    Scrivendo, pur se suo “prigioniero”, “liberiamo” il proprio lato razionale e vediamo più in “ALTO” e non potendo aprire la mia “prigione” mi son messo a cercare la “chiave giusta” per scendere nella profondità del mio io dove ho trovato una serratura più ”ALTA” che sto imparando ad aprire con semplici chiavi. “Prima” sognavo da sveglio, “oggi”, dormendo, e starmene con gli occhi chiusi mi piace, è come stare tra le nuvole e le stelle che mi aiutano a vedere il giorno senza luce e la notte piena di stelle che illuminano tutto.
    “Riconoscendo” ciò che ho “avuto” ho ripreso la forza per “percorrere” al meglio la mia attuale strada. Devo imparare ancora tanto, in tanti di “noi” il percorso della propria vita si “rallenta” sotto la punta di un “bastone” o quattro rotelle, ma io l’ho “velocizzata” con la “musica” colorata di un “caffè” che scolora i pensieri negativi che ho imparato a “decifrare” per aspirarli con maggior gusto, dopo la “tazzulella” . Questa presenza sconosciuta mi ha insegnato a “correre” come l’acqua di un fiume e da esso faccio trascinare gli strati più profondi del mio io, in questo fiume ho trovato il mio “vero” bastone. Da bambino mi piaceva giocare con un “monopattino” di legno che poteva muoversi sui famosi cuscinetti a sfera, “oggi”, il mio “monopattino” è una tastiera di computer che muove fiumi di pensieri letti nel mio io, “è il mio oggi”. “Oggi”, cerco di “trasmettere” nei miei scritti il mio “equilibrio” verso il mio “presente”, e pur se è un cammino lento e difficile, un detto Cinese dice:
    “Pugno di acciaio, ma da una mano morbida come il cotone”.
    Con le “E_Mail”, incontro una molteplicità di persone, ognuno con la propria storia, il proprio vissuto, i propri sogni ma, con la propria “realtà” che “mangia” tutti i desideri non realizzati e lascia a pochi la ferrea volontà di percorrere la “propria strada” con lei. Io ho scelto di scrivere per cancellare i miei pensieri e con le mie parole dare un minimo contributo a far accettare la nostra comune “amica” che si nasconde. Il nostro denominatore comune è quel filo di Arianna che ci unisce tutti, un “filo” cui siamo attaccati e che speriamo possa essere, presto, “spezzato” definitivamente.
    Gino

    • Il coraggio di vivere aiuta gli audaci. Mai arrendersi di fronte alle difficoltà della vita, riuscire sempre e comunque a trovare nuove strategie per condurre un’esistenza libera e dignitosa. Siamo come tante farfalle senza ali capaci, però, di dispiegare tutto lo splendore e la bellezza del proprio animo. Siamo come il capitano di una nave pronto a prendere fra le sue mani il timone della propria vita per condurla verso nuove mete. Il destino ci sorprende sempre ma noi dobbiamo imparare a sorprendere lui.
      Elena

  6. La prima volta che ho visto la mia SAR avrei voluto prenderla a calci. Avrei sbagliato.. quelle sono le mie gambe, e mi permettono di uscire per fare più di 200 metri, di prendere mio figlio (è ancora piccolo.. :-))ed andare insieme a lavarci le mani.. certo che dobbiamo recuperare la nostra identità, e perdendo meno tempo che si può!

  7. Grazie a tutti x i vostri commenti!!

  8. tutte storie vere e bellissime! si, bellissime perche’ questa nuova situazione (non voglio chiamarla malattia) ci aiuta a vedere meglio dentro di noi ed intorno a noi,ci aiuta ad apprezzare di più le cose belle, ad affrontare gli inevitabili disagi con ironia per il bene nostro e dei nostri cari,in un certo senso ad essere persone migliori.

  9. Ti voglio dire che sei molto coraggiosa,io ho la sclerosi multipla dal 2004 non sono sulla sedia a rotelle,cammino autonomamente,ma penso sempre alle persone ancora piu” sfortunate di me.Anche se io nel 2010 ho avuto un carcinoma mammario. Anche io ho dovuto tirare fuori tutto il coraggio possibile.Ora sto meglio.Cerca di essere forte e non ti arrendere mai.Un abbraccio forte forte.barbara

  10. Mi è molto piaciuta questa lettera,l’ho letta con estrema attenzione e cercavo di immaginarti…di capire che tipo di donna sei.Ho visto una donna sicura di sè,fiera e AUTONOMA.Lo scrivo maiuscolo perchè al giorno d’oggi le parole vengono usate senza discrimine e così i loro veri significati sbiadiscono,allontanandosi dalla potenza comunicativa(e creatrice)che possiedono.Tu sei veramente autonoma,nel senso che nel momento giusto,hai saputo dare spazio agli altri,che a volte assistono impotenti ad una situazione come questa e vengono tagliati fuori,hai saputo liberarti al contempo di una persona di per sè impotente e che stava diventando per te un peso da trascinare(in una coppia la diversità è arricchente,ma è necessario andare alla stessa “velocità”,altrimenti l’una condiziona l’altro e viceversa)e,ultimo ma non per importanza,hai saputo collocare te stessa,le tue emozioni,desideri,la tua persona in toto al centro della tua vita!Questa sì che è una bella rivoluzione!Quante persone dipendono emotivamente da altre,sono loro asservite e non sono libere?magari non ne sono coscienti?L’amore può solo che nascere in un terrebo fertile e ospitale come questo,non tra le incertezze,dubbi,problemi,complessi,che non ti rendono per nulla obiettiva e col cuore aperto.
    Ora,scoperta una nuova te e con lei,una nuova vita,che ti si prospetta piena e intensa,sei pronta ad amare e a innamorarti:certo,un uomo deve capire la tua malattia e amarti,ma il vero discrimine non è il fantomatico lui,quanto tu.Non prendiamoci in giro:molto dipende dalla donna e dalle donne.
    Ti auguro il meglio!
    Arianna.

  11. Un piccolo dolorino ad un dito del piede, poi dpo pochi giorni lo stesso dolore all’altro piee, del tutto speculate. Una mattina metto giù le gambe dal letto per recarmi come ogni giorno a lavorare: fascite plantare, ribelle a ogni trattamento.
    Sei mesi di inattività forzata, esami, medici, ospedali, anamnesi…fino alla diagnosi. Artrite psoriasica.
    Una carriera brillante, una laurea, una vita finalmente approdata in un porto sicuro: tutto distrutto.
    Rimessa in gioco completamente.
    Cambiato look: da donna rampante a timida signora casual-sportiva, per celare ortesi, fasciature e quant’altro.
    Rimproveri da parte di tutti: dalle amiche più care, ai parenti, ai colleghi: stai esagerando! Fatti forza! Tutti abbiamo un dolorino dopo gli anta!
    Solo chi prova ad abitare l’abisso, lo può descrivere e in parte gestire,o quanto meno lo può riconoscere.

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