Il simbolo nella disabilità. Cambiare immagine per cambiare pensiero


La leggenda vuole che un rabbino vissuto nell’antica Praga avesse creato un mostro di argilla chiamato Golem. Al vecchio bastava incidere simboli sulla fronte del colosso per dargli vita e modificarli per farlo tornare un ammasso di fango. 

L’immagine dell’apatico omino bianco su sfondo blu – da anni la rappresentazione ufficiale, più immediata e riconosciuta della disabilità – ha forse inconsciamente creato l’idea della persona con disabilità soprammobile, spettatore passivo di una fettina di equità ritagliata spesso in maniera ridicola in un mondo diseguale? I simboli creano associazioni di idee, pensieri ed immagini, vanno a sommarsi e a influenzare l’opinione che abbiamo di quello che quell’immagina rappresenta, in questo caso della disabilità, creando preconcetti anche nella mente dei disabili stessi.

Può, un simbolo immobilizzare una persona? Diventare così potente che la persona con disabilità vi si rispecchia sino ad assumere le sue caratteristiche? Statico, passivo e promotore dello stesso pregiudizio che lo identifica?

Sì probabilmente può. Per questo oggi, in un mondo dove l’immagine è tutto, o molto di quello che viviamo, qualcuno ha sentito la necessità di una riforma, dare nuova vita ad un immagine che non è più rappresentativa della persona con disabilità, delle sue possibilità e del suo ruolo nella società.

Le definizioni di disabile si sono evolute negli anni: da storpio a invalido, menomato, persino subnormale, poi handicappato sino ad arrivare ad oggi con disabile o persona con disabilità (e ancora queste sono in valutazione), qualcuno ha deciso di sostituire quel manichino su ruote. Non sono cose futili, giochi da dizionario: finché non esiste la giusta definizione di una cosa o di un fenomeno, faticherà a nascere anche la giusta idea che vi è dietro. viceversa, il romanzo 1984 ci insegna che cancellata la parola sparisce anche l’idea.

Siamo al Gordon College, Massachusetts, Stati Uniti. Qui un gruppo di studenti supportati dal loro professore di filosofia ha affrontato la questione. Hanno dato vita ad un nuovo simbolo, una nuova immagine che genera nuove idee e nuove associazioni di pensiero: una persona disabile attiva, che si muove e va verso il suo futuro ed è capace di scegliere per la propria vita. L’idea piace, piace così tanto che oltre ad essere andata a sostituire il vecchio logo all’interno del campus universitario, la città di New York si sta adoperando per farlo diventare immagine ufficiale, che vada a sostituirsi in tutta la segnaletica pubblica.

Possiamo farlo anche noi, cambiare faccia all’idea di disabilità, certo non basterà un omino bianco e blu a fare le cambiare le cose, ma sono convinto che servirà anche questo.  

Pensate come sarebbe bello un futuro in cui l’accessibilità è scontata, dove vengano segnalati i pochi luoghi non accessibili e quelli che lo sono. Pensateci bene: non è forse offensivo vagare per la città alla ricerca di un simbolo che rappresenti un bagno accessibile a voi? O vedere alberghi che affianco al logo di una carrozzina uniscono quello di un cane? Accessibile a disabili e cani, che botta di civiltà.

Ma questo pensiero forse va un po’ troppo oltre, facciamo un passo alla volta e il prossimo può essere questo.

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7 commenti

  1. Il segno ideale per quello che è il giusto movimento

  2. Bellissimo articolo, complimenti John!

  3. bel post John, spunti davvero interessanti su cui riflettere!!!

  4. I miei complimenti … Bel post, un bel spunto di discussione …. =)

  5. Complimenti a tutti! Idea molto creativa, ottimo articolo per riflettere. Qualora il tutto si concretizzasse avremo fatto un gran passo avanti! Speriamo presto!

  6. Anna Maria M. Reply to Anna

    Credo che l’informazione, quella vera, sia la chiave di volta per tutto il mondo!

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