Il Servizio civile mi ha cambiato la vita. Ecco perché

È una mattina come tante, sono in ufficio, ricevo una telefonata sul cellulare, prefisso Genova, già immagino cosa accadrà: “Ciao sono tizio della sede nazionale di AISM, ti volevamo chiedere, c’è una qualsiasi cosa di qualsiasi natura che c’è capitata tra le mani, e abbiamo pensato che potessi farla tu, ti andrebbe?”
E infatti. “Ciao sono Alessia, sai l’undici dicembre c’è il CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile) a Roma e abbiamo, pensato di portare la testimonianza di un ragazzo che ha vissuto il Servizio civile nazionale in AISM. Ti leggo il profilo che abbiamo pensato: persona con SM, ex ragazzo in servizio civile, che grazie al quale è riuscito a reinserirsi nel mondo del lavoro, conosci qualcuno che rientra nel profilo?”
“Boh, non lo so, fammi pensare, tipo: io?”
“Bene, perfetto sono contenta che hai accettato!”

Pure i tranelli mi tendono…Vabbè raggiri a parte, l’impegno me lo prendo comunque e volentieri.
Naturalmente, nonostante l’anticipo con cui mi hanno avvertito, mi riduco l’ultimo giorno a pensare un discorso da fare e a metterlo per iscritto, sono già le due di notte, ho messo insieme tre facciate di frasi sconnesse, evidenziate di vari colori, poi cerco di metterle insieme nella mia mente come un discorso logico, dico questo, faccio quello, battuta, risata del pubblico, ha ha ha, ok perfetto no?
Mi sveglio all’alba, monto sul treno, le frecce mi portano a destinazione dritto come un fuso. Roma è piena di polizia e forconari. Arrivo. Piazza Montecitorio, davanti al Palazzo trovo il Direttore affari generali di AISM Paolo Bandiera. Mi aggiorna un po’ sul come quando e perché del mio intervento e della conferenza in generale.
La conferenza ha inizio, il momento della mia testimonianza si avvicina, le informazioni che raccolgo non fanno che aumentare la mia ansia.

“Sai AISM e le altre associazioni hanno uno spazio per parlare, quest’anno lo abbiamo lasciato in mano ai volontari”.

Perfetto, quindi se io faccio schifo AISM farà schifo, penso tra me e me. ”

Poi non hai 10/15 minuti, ma 5″.

Beh questo, è un bene o un male? Parlo meno, ma ora il mio discorso non ci sta più dentro.

E ancora: “hai portato il video o le foto?”

No, che video che foto, non sapevo nulla. Aiuto!
Troppo tardi, mi chiamano, salgo sul pulpito.

Guardo la sala, la sala guarda me, sto sudando, guardo i miei appunti, vedo solo ghirigori colorati.Va bene ho capito, vado tutto a braccio, e vaff. Mi presento ringrazio e vai con le bracciate…

La mia prima vita, anche se giovane, l’ho passata a tracciare un disegno per il mio futuro. Un percorso di studi, l’iscrizione all’istituto alberghiero, a 16 anni la mia prima stagione da cuoco e appena finita la scuola via al lavoro. Un lavoro seguito con dedizione e passione.
All’epoca snobbavo il servizio civile, lo vedevo come un occupazione per chi non aveva voglia di iniziare a lavorare o per chi si voleva fare una pausa prima degli studi, o qualsiasi altra cosa. Poi nel 2006 è arrivata la prima ricaduta. La diagnosi nel 2007. Inizio la terapia. I primi anni sono stati i più duri, la malattia era più aggressiva, l’interferone non funzionava un gran che su di me, non riuscivo più a lavorare in cucina, non riuscivo più a lavorare come volevo io, così mi sono ritrovato smarrito alla deriva, senza un lavoro, con il futuro che mi ero creato, distrutto, disoccupato e con una diagnosi sulle spalle che non riuscivo a gestire.
Ma mi sono ribellato a tutto questo, volevo reagire, non volevo soccombere, e così a 28 anni suonati ho scelto il servizio civile, ho scelto l’AISM. (Butto un occhio al presidente del CNESC che mi ha chiesto di essere rapido e chiedo mi sto dilungando troppo?! Tace, allora dico ancora 2 cose)
Potevo tornare a essere utile, a fare qualcosa ad essere qualcuno, avevo deciso di affrontare la mia malattia attraverso la vita degli altri attraverso chi la viveva da anni. Un’esperienza unica, ma che non ripeterei mai più, troppo intensa, troppo vera, che mi ha messo alla prova nel profondo, a confronto con lati più crudeli della malattia.
In AISM ho trovato tante cose da fare, che io potevo fare e che l’associazione mi metteva in condizione di fare, perché credevano in me. Dodici mesi di formazione continua, nuove esperienze, nuovi amici. Più competenze acquisivo, più cresceva la mia consapevolezza. Sono convinto che il servizio civile mi abbia trasformato da persona a cittadino, cittadino che esige i propri diritti e deve assolvere ai propri doveri.
Finito il servizio civile, è incominciata la mia “carriera” in AISM, la creazione del gruppo Young con giovani volontari under 35, i convegni, l’elezione nel consiglio direttivo provinciale, e tanto altro ancora. Tutto questo aveva portato in me un cambiamento, mi ha permesso di rivolgermi di nuovo al mondo del lavoro con più sicurezza e con aspettative diverse, esigenze diverse, ora quando vedevo un parcheggio per disabili ingiustamente occupato o un locale senza rampa o un diritto violato non potevo fare a meno di incazzarmi.
Mi ero preparato tante belle riflessioni e frasi, che avrei voluto dirvi oggi ma, già sto andando in ansia e impappinando, ma voglio lasciarvi questo pensiero, stamattina mi sono alzato alle cinque, stasera tornerò a casa alle otto, per avere l’occasione di parlare qui 5 minuti, se oggi ho fatto questa levataccia è perché sono convinto che questi cinque minuti possono fare la differenza.

E così è finita, ho salutato il pubblico, mi sono preso i miei applausi di rito. Ma che fatica: ogni minuto passato lì sudavo sempre di più e la confusione aumentava sempre più. Torno al mio posto, Paolo Bandiera mi guarda e annuisce in segno di approvazione, si vede che sono andato bene, ma riguardo i miei appunti e mi accorgo che potevo dire altro, citare questo o quello. Insomma, non sono soddisfatto a pieno, non lo sono mai.
Non ho detto cosa vuol dire per me difesa della patria non armata oggi, poiché è uno dei valori che costituiscono il SCN , ma lo dico ora, difendere la Patria oggi, vuol dire fare cultura delle buone pratiche sociali, fare prevenzione della maleducazione civica e dello sfaldamento del tessuto sociale, perchè se vuoi difendere la patria, devi avere una patria da difendere, e non gente che vive nello stesso luogo, ma che ha la stessa identità.
Volevo leggere l’etimologia di società, perché  così puoi capire per cosa stai lavorando, quale ricompensa può portare il tuo impegno, società: deriva dal latino socius cioè “compagno, amico, alleato”, è un insieme di individui dotati di diversi livelli di autonomia, relazione ed organizzazione che, variamente aggregandosi, interagiscono al fine di perseguire uno o più obiettivi comuni. Non so voi ma per me oggi è poesia questa frase, ha pure un che di romantico, ma non utopico.

E infine, volevo citare chi nel bene nel male, aveva vissuto per darci una patria, che ora possiamo difende, Cavour di cui possiamo leggere una dichiarazione, che sempre sarà valida nel tempo e che per me ha acquisito valore solo dopo il mio servizio civile.
Il dovere di ogni uomo, realmente interessato alla causa del progresso è di lavorare senza sosta alla riforma sociale.
Camillo Benso, conte di Cavour

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2 commenti

  1. Quanto sono fiera di questo giovane barbetta, che parla al mondo!!!!!! Lodi,lodi,lodi.

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