“Guarire non si può ma il mio futuro dipende da me, non dalla SM”

irene mancin

La speranza non è ammessa perché guarire non si può, si rimane stazionari se va bene, con dei farmaci da dare i brividi per le controindicazioni che hanno, altrimenti si peggiora. E allora bisogna inventarsi una vita a prescindere, dei sogni nonostante tutto, dei progetti alla faccia di, tenendo lontana questa ombra che prova ad allungarsi su ogni cosa. Si può e si deve fare così, solo che a volte lo sforzo è immane. Penso somigli ad avere una sola gamba, camminare si cammina ma si fatica il doppio, si va più lenti e si è più goffi, questo è quello che è per me la sclerosi multipla.

Si è presentata il giorno dopo una festa da un’amica, la sera prima avevo 19 anni ed ero follemente innamorata di Simone il giorno seguente le gambe mi formicolavano e si faceva largo l’idea di avere un problema, per arrivare un mese dopo alla diagnosi e alla consapevolezza di essere malata per sempre, una ragazza che si scopre afflitta da tutte quelle paure che i suoi 19 anni non dovrebbero nemmeno conoscere, il terrore dell’invalidità quando si sta per scoprire il mondo, le sale d’attesa delle Asl per fare prelievi di sangue ogni 3 mesi, piene di persone che hanno se va bene il triplo dei tuoi anni e si lagnano della glicemia alta. Il progetto di una vacanza ricordando sempre di doversi portare appresso farmaci che devono stare in frigo, la paura di immaginare il futuro perché ci si sente fortemente “a scadenza”, la certezza che molto di quello che per altri è spontaneo e naturale, talvolta avventato, per te diventa sempre da programmare ed organizzare nei dettagli, con tutta la fatica che a volte comporta.

La sclerosi multipla, o a placche, o sindrome demielinizzante chiamatela come volete si è rubata la mia leggerezza, mi ha reso grave e seria, me che lo ero già di mio. Mi ha riempito di paure e ha ridimensionato di molto le mie ambizioni, mi ha fatto smettere a lungo di scrivere, ché ogni foglio era un rosario di disperazione accompagnato da lacrime e singhiozzi. Ma, è innegabile, in questo disastro psico-emotivo credo che la malattia abbia fatto di me una persona migliore.

Il primo “dono” è stato un rafforzamento della volontà: di già volitiva, sono diventata coriacea, la prima cosa fatta dopo la dimissione dall’ospedale è stato trascorrere 15 giorni sui libri per sostenere il mio primo esame all’università, passato con il massimo dei voti nonostante il recente bolo cortisonico e il costante pensiero della recente diagnosi. In seguito mi sono imposta di non diventare troppo severa con i problemi altrui che sentivo ridicoli rispetto ai miei: la sclerosi multipla mi ha resa più empatica, più capace di stare accanto a chi ha un problema per quanto piccolo sia, riconoscendone la dignità e la serietà, con determinazione mi sono imposta di non riconoscermi un “primato nella sofferenza” perché se l’avessi fatto sono certa che oltre a non reagire avrei allontanato molte persone da me, guardandole dall’alto della mia malattia neurodegenerativa, perdendo così amici preziosi e cari.

Grazie alla sclerosi sono divenuta in alcuni momenti più coraggiosa ed ho vinto delle paure, come per esempio quella delle iniezioni, divenute settimanalmente necessarie. Mi ritrovavo a iniettare il farmaco con un rituale quasi religioso, in piena solitudine, nell’assoluto silenzio e ad occhi chiusi, finendo per doverlo ripetere più volte o bucandomi le mani nell’agitazione, ma facendolo sempre e comunque, consapevole che da quel gesto sarebbe dipesa la mia possibilità di stare bene e, sempre per via dei farmaci, ho imparato a dolermi poco, quando si è consapevoli di doversi curare in quel modo per sempre, con effetti collaterali impegnativi, magari ci si lamenta per un po’ e poi ci si stanca e questa tolleranza preziosa si estende a tante altre sfere della vita.

Talvolta capita che qualcuno dica che “i mali vengono a chi li può sopportare” e penso che poche affermazioni possano essere più odiose e false di questa. Ci sono circostanze, come la diagnosi di una malattia tanto subdola, in cui chi non ha coraggio deve darselo, chi è indolente deve reagire, il pessimista deve fare sfoggio di ottimismo, momenti in cui è necessario cambiare per costruire e difendere la propria felicità e quindi io, una persona piuttosto mite, ho deciso che sarei stata nei confronti della malattia come un pugile davanti ad un avversario più grande e temibile, sul ring della mia vita avrei tenuto la guardia alta e con saltelli agili avrei evitato i colpi, riparandomi il viso quando necessario e sferrando colpi veloci e precisi nel momento in cui l’avversario si fosse distratto, al fine di difendermi e preservare quello che ho di più caro.

E questo faccio ogni giorno, devo salvare l’ immaginazione e il progetto, la capacità di pensare al futuro con fiducia, la consapevolezza che, anche se in modo tutto nuovo e tutto mio, benché talvolta contorto e faticoso, potrò costruire la mia esistenza, devo preservare la certezza che in gran parte il futuro dipende dalla mia volontà e non dalla mia malattia, che se pure è ora più che mai presente, rappresenta una parte di me e non tutta me, perché io sono altro e non sono solo una ragazza con la sclerosi multipla, io sono potente e ricca, è stata proprio Lei ad insegnarmelo.

Irene

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18 commenti

  1. luisa olivero Reply to luisa

    grazie Irene perché le tue parole intense e significative fanno pensare anche chi malato non è.oggi mi lamentavo x essere stanca perchè in questi giorni ho lavorato molto,marito,figli… le solite cose,a volte anche di poca importanza.il tuo cammino certo è duro ma tu di più!grazie di aver condiviso il tuo pensiero.ciao,luisa

  2. Ciao eccomi qui come tutte le sere prima o dopo la mia iniezione per sentirmi meno sola e condividere con voi i miei pensieri.
    Oggi è stata una di quelle giornate no. Il lavoro che mi ha massacrato le gambe, pensare che le stesse cose le facevo poco tempo fa e faticavo la metà.
    Stamattina ho visto una mia collega correre in corsia come una pazza da un paziente all’altro e l’ho invidiata per quel l’energia che a me adesso manca.
    Sono solo un po ‘ triste perché nn credo che riuscirò a farlo di nuovo anche io. Avrò solo i miei rempi più goffa e lenta purtroppo. …
    Poi nel pomeriggio mi ritrovo a fare lo stretching con la fisioterapista per far passare i formicolii alle gambe e quegli aghi che sento sotto i piedi. Ora sono alla fine di questo giorno e aspetto l’effetto collaterale del farmaco.
    Mi sento meno giù però qui in questo blog perché vedo persone che nn cedono mai come me.
    BARCOLLIAMO MA NON MOLLIAMO!
    È proprio un motto azzeccatissimo direi…

  3. Mara Bettoni Reply to Mara

    Sono pienamente d’accordo con te su tanti punti . Affronto tutto con più forza di volontà e voglia di “vincere” . Anch’io barcollo ma… non mollo. Baci a tutti e Forza che noi siamo “o cerchiamo” di essere più potenti di LEI.

  4. Il trucco per me è sempre stato non aspettarmi niente di positivo dalla vita. Niente di regalato. Quello che si ha lo si guadagna ed è un dovere.
    Non so se è il modo giusto di pensare, ma per me funziona.
    Ogni volta che leggo le storie delle reazioni emotive alla diagnosi mi chiedo: “Perché io no? Perché reagisco tanto bene? Perché non piango mai? Ma cosa ho che non va? Sono così forte e non lo sapevo? O sto negando la realtà?”
    Non lo so.
    Forse un giorno esploderò. Magari quando mi siederò per la prima volta sulla sedia a rotelle. Magari alla prossima influenza che mi stronca. Magari quando dovrò accettare che non ce la faccio più a fare cento metri a piedi.
    Sono un gran testardo. Se le gamba dice: “NO!”, la testa dice”Taci e cammina!”

  5. Ciao..in molti punti dei vostri racconti personali mi ci ritrovo,mi rendo conto che siamo quasi tutti navighiamo sulla stessa barca..e chi la tenerla a galla e a remare molto spesso contro una corrente che cambia direzione in maniera balorda siamo NOI .insieme a degli ” alleati” che alle volte danno degli esiti positivi altre volte del tutto inutili e poi ricomiciamo con determinazione a provare e riprovare con coraggio e determinazione. E quando son lenta come una tartaruga o lumaca..mi adeguo e faccio il tutto secondo il mio passo a modo mio, certo alle volte m’incazzo ma poi la pianto e vado avanti.Non può fregarmi cosi sta stronza .

  6. Anche io ho appena avuto una bella notizia della risonanza le nuove lesioni che si erano formate sono regredite e non ne compaiono di nuove questa si è una bella notizia visto che sono un po pessimista!!
    Xo ora comincio a capire che bisogna sempre pensare al bene e andare avanti xk la vita è bella

  7. Buongiorno, Irene.
    La speranza, vive in noi.
    Con energia, dobbiam vivere e molte son le ricerche.
    Una tra le tante: http://www.aism.it/index.aspx?codpage=2015_02_rf_gardenia_progressive_studi
    Ora la mia Sm è, II^SP
    Ciao

  8. Non ho mai commentato nessuna storia, mi sembravano così lontane dalla mia e poi sei arrivata tu, la tua storia identica alla mia. Non potevi raccontarla meglio.

  9. Grazie a tutti voi! Sono certa che condividiamo tutti tanta forza e l’esercizio di una prepotente volontà! Vi abbraccio tutti, con forza!

  10. Brava Irene, ti fai coraggio e ci incoraggi tutti. E salvare l’immaginazione e il progetto è un grandissimo punto di partenza! Ti abbraccio e ti sostengo

  11. Brava Irene…nella tua storia c’è tanto,tantissimo della mia…ti abbraccio…❤️

  12. ciao irene , ho pianto tutto il tempo che ho letto cio’ che hai scritto . sei riuscita a scrivere tutto cio’ che mi succede…….grazie

  13. brava Irene
    Stiamo sempre a testa alta e sara la nostra stronca coinquilina ad abbassare lo sguardo!
    Io l’ho mandata a,detta educatamente ,
    “Quel paese” quando le ho fatto capire che non mi avrebbe negato la maternità
    e mio figlio mi sprona ogni giorno a star bene.. Un abbraccio Elena

  14. Sono d’accordo su tutto quello che hai scritto.
    Voglio dirti pero’ che non devi mai perdere la speranza, la speranza non muore mai.
    Noi abbiamo l’obbligo di lottare anche per rispetto a chi ci e’ veramente vicino e capisce i ns. improvvisi sbalzi di umore e che amorevolmente combatte insieme a noi.
    Del mondo e di cosa pensa di te sbattitene altamente e soprattutto pensa positivo e vedrai la puoi fare.
    Non mollare MAI|
    Ciao Marco

  15. La mia storia è un po’ diversa. la mia vita è stata normale, della serie lavoro-matrimonio-figli, la sclerosi mi è stata diagnosticata a 53 anni. Mi considero fortunata, aveva già realizzato quello che volevo. Adesso, dopo 5 anni la malattia è ferma, non prendo farmaci, sopporto i soliti sintomi (formicolio, parestesie, mancanza di forze etc…). Auguro a tutti i giovani, e anche a me stessa, di trovare la forza di combattere.
    INES

  16. Per prima cosa voglio salutare tutti quelli che sono intervenuti ciò che avete detto e pura realtà, in particolar modo quelli più giovani ne soffrono di più anno una vita davanti loro. io parlo da persona avanti nei anni , la mia stori e molto diversa o mai potuto lavorare a causa che stavo male mai mi era stata diagnosticata la malattia e nel stesso tempo giravo ospedale su ospedali sino al 2012 quando mi e sta diagnosticata la malattia, SM primariamente progressiva , ora ve ne dico una che li per li non ci si riesce a crederci, lano dopo mio figlio perde la vista da un occhio fa le visite ed ecco anche lui a la Sm rr quello e stato una tegola che mi a fatto male ma mi sono ripreso subito e mi sono dato da fare impegnando le mie giornate e mai pensare negativo sempre in positivo non e facile, Ora vi voglio salutarvi con un abbraccio forte e dire ciò che voi stessi avete già commentato, continuiamo a guardare in avanti a testa alta non abbiamo timore perché noi la sappiamo sopportare siamo più forti della malattia.

  17. Daniela Lunghi Reply to Daniela

    ho 64 anni, la mia diagnosi è del lontano 1983. Lo stesso anno mi sono sposata con un uomo meraviglioso che ha sempre detto: la sclerosi multipla è anche mia e la affronteremo insieme.
    E’ lui che mi ha permesso di vivere una esistenza quasi normale. Grazie a lui non mi sono mai sentita una “diversa”. Lui ora non c’è più, è morto il luglio 2014. Ma io continuerò a combattere ugualmente.

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