Come glielo dico?

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Era passato poco tempo dalla diagnosi, ero in macchina con tre mie amiche: due sapevano di Lei, una no. Ed è proprio di Lei che stavamo parlando. Allora una delle tre, quella che non sapeva, inizia a guardarmi in maniera perplessa e mentre guidavo faccio “eh sì, ho la sclerosi multipla”. Silenzio. Quello è stato il modo peggiore in cui l’abbia mai detto a qualcuno e quello che da quel giorno in poi avrei evitato. Allora per sdrammatizzare le dico “forse sono stata troppo diretta”, ci facciamo una risata, poi, com’era giusto che fosse, le racconto tutto.

Non sapevo quale fosse il modo migliore per dirlo a qualcuno, forse tutt’ora non lo so. Ma sicuramente avevo imparato come non farlo. Subito dopo la diagnosi, in macchina con papà, ho chiamato mia madre: “mamma, è come pensavamo, stasera andiamo in pizzeria?”. Dopo di lei ho avvertito la famiglia, le amiche di sempre, ma con loro è stato facile, già conoscevano tutto il quadro fatto di sintomi sconosciuti e risonanze, mancava solo il nome, il pezzo finale che completa il puzzle, ma che comunque non ne impedisce una visione quasi completa. Lo sapevano tutte le persone più care ormai, tutte tranne il mio amico da cui mi divideva “qualche” km di distanza.

Io, la mia migliore amica, una valigia e un biglietto aereo: direzione Palermo. Volevo essere io a dirglielo, e che lo sapesse il prima possibile e no, non volevo parlargliene per telefono. Sapeva che c’era qualcosa di importante di cui volevo parlargli, ma aspettò con pazienza che fossi io a farlo, senza fare troppe domande.

C’era il sole quella mattina, eravamo in un bar al centro della città e iniziai a raccontargli la mia storia con il sorriso sulle labbra che non riusciva a mascherare gli occhi lucidi e quando finii gli dissi “Ale, non preoccuparti, IO STO BENE”.

Dopo un po’ di tempo, poi, ho fatto outing proprio qui, su questo blog. Mi sono armata di tanto coraggio, ho raccontato la mia esperienza, ho aperto il cuore, mi sono messa a nudo come non avevo mai fatto prima e così anche chi non sapeva da quel momento in poi avrebbe saputo. Qualcuno mi fece domande, altri non chiesero niente finché non ero io stessa a parlarne in un modo o nell’altro.

Forse quello che ci frena di più a parlare della sclerosi multipla è proprio la paura del “come verrò visto dopo?”, perché in fin dei conti confidarsi con i più cari è più o meno facile, ma con le persone che conosciamo di meno, con cui condividiamo un lavoro, un corso all’università o che vediamo di tanto in tanto diventa più complicato.  Mettiamo nelle mano dell’altro la parte più intima e più fragile di noi e abbiamo paura di quello che potrebbe succedere da quel momento in poi. Abbiamo paura dei pregiudizi, dei giudizi, di quello che potrebbero pensare di noi. Abbiamo paura della compassione. Io ricordo che all’università non volevo farlo sapere ai professori, nonostante le ripetute assenze per i controlli, soprattutto all’inizio, perché pensavo che il mio percorso di studi potesse essere facilitato ed io non volevo, perché sapevo di potercela fare con le mie forze.

Parlarne, però, è giusto, non dobbiamo vergognarcene. Perché le più grandi paure che portano al giudizio nascono dall’ignoranza: dobbiamo parlare di Lei e dei suoi sintomi, di quello che comporta, di come ci sentiamo: dobbiamo essere noi, coinvolti in prima persona, a far conoscere alla gente una patologia che ancora oggi viene sopravvalutata o sottovalutata con frasi tipo “Ah, hai la sclerosi multipla, tipo Stephen Hawking?” (No, quella è SLA). “Va be’ che sarà mai, giusto un po’ di stanchezza” (No, non è “giusto un po’ di stanchezza”, spesso manca la forza che ci impedisce di compiere le azioni più banali).

Non dobbiamo vergognarcene perché nonostante tutto, siamo persone con pregi, difetti, qualità, interessi e progetti da realizzare; siamo parte integrante di una società: siamo figli, genitori, mariti, mogli, studenti, lavoratori, artisti.  Noi non siamo solo sclerosi multipla.

Non esistono né il modo né il momento perfetto per dirlo, spesso le parole vengono da sole, altre volte non sappiamo proprio da che parte cominciare, ma PARLIAMONE. Troveremo sempre chi non riuscirà a comprenderci, chi si permetterà di giudicare senza sapere, ma questo avviene in molte circostanze della vita, non solo nel nostro caso. Chi ci conosce veramente, chi ci apprezza veramente per quello che siamo, non vedrà solo questo di noi, ma continuerà a vedere la totalità dei colori che ci compongono aggiungendone uno, che magari all’inizio spaventa, ma che poi col tempo imparerà a conoscere grazie anche al nostro aiuto.

Continuate a trattarmi come sempre, perché è di questo che ho bisogno. Quando c’è qualcosa che non va, sarò io a parlarvene, quando non riesco a fare qualcosa, sarò io a dirvelo. E continuate a parlarmi anche dei vostri malumori, dei vostri problemi più o meno gravi, perché il fatto che abbia la sclerosi multipla non fa di me una persona che non ha tempo da dedicare agli altri.

Questa è stata la richiesta che ho fatto a tutti i miei amici, nessuno escluso, e ringrazio loro per avere continuato a vedermi con quegli occhi pieni d’amore, pieni di stima, con cui mi hanno sempre visto. Li ringrazio per avermi aiutato a non stravolgere la mia vita e per essere rimasti a farne parte, senza spaventarsi nemmeno per un secondo, senza aver mai avuto paura di chiedere e sapere.

Perché chi ci tiene davvero, resta. Ci accompagna sulla nostra strada, per quanto dura possa essere, come faceva anche prima che la SM iniziasse a metterci i bastoni tra le ruote. Chi ci conosce davvero saprà vedere oltre la SM.

 

Ma che splendore che sei,
nella tua fragilità.
E ti ricordo che non siamo soli
a combattere questa realtà. – Marco Mengoni

 

Poiché quello raccontato da Eleonora è un tema molto sentito dalle persone con SM, e nel mondo del lavoro la comunicazione della diagnosi è spesso fonte di ansie, ma anche di discriminazioni e diritti negati, AISM ha realizzato la video guida Lo dico o non lo dico? che fornisce alcune informazioni utili per capire come comportarsi

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4 commenti

  1. luciana melesi Reply to luciana

    hau che lettera bellissima e vera , c’e tutto il mio pensiero , coraggio non siamo sole , c’è un mondo intorno a noi luciana

  2. Antonino Cacciola Reply to Antonino

    Si Eleonora, non ce niente di cui vergognarsi; sono d’accordo!
    Hai inviato un interessante post, aiuta molto come comportarsi.
    Continuiamo a perseverare, anche se i giorni grigi sappiamo che ci sono per tutti ( Più o meno )
    Con l’empatia, l’affetto e l’amicizia; ci incoraggiamo l’un l’altro!
    Grazie Eleonora, Un saluto da Antonino l’ombra di Aurelia.

  3. Complimenti vivissimi per le belle parole dal cuore…

  4. Potrei aver scritto io queste parole. Mi ritrovo appieno nella difficoltà di dirlo talvolta alle persone meno vicine. Ho sempre paura che non possano capire o che si dispiacciano per me. Eppure piano piano mi sto liberando anche di questi timori.. anche grazie alle tantissime persone che mi hanno saputo dimostrare amore e amicizia sinceri. Non tutto il male vien per nuocere In bocca al lupo per il futuro!

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