Questa storia inizia quasi 15 anni fa. Racconta di una bambina, io, tra i banchi delle scuole medie un sabato mattina invernale di febbraio.
Stavo seguendo la lezione di grammatica. È incredibile come la vita ci faccia scordare chiavi, cose, persone e, allo stesso tempo, ci costringa a ricordare anche i più piccoli dettagli di eventi che vorremmo dimenticare.
L’esordio e la diagnosi
Quella mattina, mia madre fu ricoverata per una neurite ottica e conseguente perdita della vista all’occhio destro. Ricordo le giornate in ospedale, il ricovero, le corse frenetiche di mio padre per far andare avanti tutto: il suo lavoro, la casa, le sue figlie. Ricordo le attese, i referti, l’odore dell’ospedale, le compagne di stanza di mia madre.
E ricordo il silenzio della casa la sera, dopo essere tornati alla fine dell’orario di visita. Ricordo gli ultimi esami, quelli decisivi, e una candela accesa la sera prima della verità. Poi ricordo la verità: sclerosi multipla.
Sono passati circa 15 anni.
E in tutti questi 15 anni si sono alternati una moltitudine di stati d’animo differenti: prima paura, poi gioia e anche felicità. A volte tanta rassegnazione, ma anche tanta forza. Mia madre è sempre qui a combattere contro questa malattia subdola, che cerca insistentemente di toglierti qualcosa, giorno dopo giorno. A volte ci riesce pure.
Le ha tolto la lucidità, il suo essere acuta, le ha tolto la quotidianità. E la patente.
Ma noi, la mia famiglia, abbiamo tolto qualcosa a questa stupida malattia: la possibilità di poter pensare di vincere.
Alessia
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