Raccontarsi con chi sta vivendo la mia stessa situazione

condividere sclerosi multipla

Adele sentiva la necessita di raccontarsi, di condividere le proprie emozioni con chi poteva capire ciò che stava passando. Decide così di partecipare ad una serie di incontri psicologici di gruppo per neo diagnosticati di sclerosi multipla.

E’ un pomeriggio di inizio maggio, c’è un venticello leggero ma splende il sole, si sentono gli uccelli cinguettare sugli alberi. Inizio a seguirne il canto e mi distraggo per qualche secondo. Scruto gli altri, uno ad uno; i loro sguardi seguono la psicologa in piedi che parla e riassume l’incontro precedente. Mi torna alla mente una frase che quel ragazzo moro, oggi assente, aveva detto la scorsa volta: “Sono venuto qui per sentire un po’ come se la passano altri sfigati come me”. Sorrido.

Sette persone, sedute in cerchio nel parco di un bellissimo castello nella campagna piemontese; c’è chi fa l’infermiere, chi l’informatico, chi ha un figlio, chi è ancora all’università, chi ha 21 anni, chi 42.

Tutti così diversi ma legati dal filo della Sclerosi Multipla.

Sette persone che hanno ricevuto da meno di tre anni la diagnosi di SM, tutte in cura presso lo stesso centro e che ora sono lì, faccia a faccia, a parlare di sé e della nuova vita dopo la diagnosi. La psicologa del centro SM da cui avevo iniziato ad andare subito dopo la diagnosi, mi aveva già anticipato di questo progetto, una serie di incontri psicologici di gruppo per neo diagnosticati. Così non appena mi arrivò la lettera di invito, non esitai a confermare la mia partecipazione.

Sentivo necessario il confronto con altre persone che stavano vivendo la mia stessa situazione.

In generale, mi sembrava di stare affrontando l’incipit della mia vita da malata cronica discretamente bene: seppur con momenti di sconforto e difficoltà, avevo reagito ed ero riuscita a non perdere la strada in tutta quella nebbia. Tuttavia, avevo paura di non aver effettivamente affrontato il problema e di non aver assimilato veramente quale grande cambiamento la mia condizione di essere umano aveva subito. Temevo che la mia accettazione dello status quo in realtà nascondesse il problema e che questo, prima o poi, sarebbe esploso.

Fin dal primo incontro, ho capito che pur avendo vite molto diverse, l’essere accomunati dalla stessa malattia ci faceva sentire emozioni simili. Il fatto di poter rivedere negli altri quello che provo, mi permette di rivivere le emozioni in modo più distaccato, senza esserne travolta. Inoltre, raccontare seguendo la traccia della psicologa, è un modo per riordinare i pensieri e prendere maggiore consapevolezza.

L’incontro finisce sempre con degli esercizi di respirazione per imparare a gestire le emozioni. Oggi, per esempio, ognuno è stato guidato nel rivivere una situazione legata alla malattia che è fonte di disagio. È proprio questa convivenza con le emozioni che generalmente rifuggiamo che è fondamentale per riuscire a non esserne travolti e per imparare a conoscere meglio se stessi.

Ci salutiamo in piedi, in cerchio; tutto intorno gli uccelli continuano a cinguettare, fa più fresco, il sole sta calando. Ognuno ha la mano sinistra con il palmo verso l’alto che sostiene quella del suo vicino mentre l’altra mano è sostenuta da chi è alla sua destra.

È questa la metafora del gruppo, del nostro gruppo di sclerati.

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2 commenti

  1. Carissima Adele apprezzo il tuo coraggio di raccontarti: entrare in empatia con gli altri significa ascoltare e farsi ascoltare per non sentirsi soli per non aver paura della SM. Affrontare insieme i cambiamenti le difficoltà significa aiutarsi sostenersi stimolarsi nel fare qualcosa che può essere di beneficio per tutti come la fisioterapia di gruppo…Sorridere e lasciarsi alle spalle il passato perché ora c’è un presente da vivere con ottimismo e positività sorretto da una ricerca scientifica che ha fatto notevoli passi avanti per regalarci il proseguimento di una condizione di vita migliore rispetto al passato. Ti saluto augurandoti il meglio che la vita possa offrirti.

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