Il mare, soprattutto la vela, ti è complementare. Ti avvolge, ti forma, ti aiuta, ti accompagna. Serve a capire, te stesso e gli altri.
(Giovanni Soldini, velista)
La telefonata
Ricordo perfettamente dove ero e cosa stavo facendo quando mi è arrivata quella telefonata. Sembra incredibile come a volte non abbia memoria di cosa ho fatto qualche minuto prima e altre volte invece dopo mesi, come in questo caso, riesca perfettamente a descrivere ogni sensazione provata di fronte a quella proposta. Era metà mattina, e il numero per me era perfettamente riconoscibile: la sede nazionale AISM di Genova.
Una vocina così dolce e cara, quella di Ilaria Miglio che si occupa di eventi e di informazione e divulgazione scentifica, mi chiede se avessi voluto partecipare alla Barcolana del 14 Ottobre. Detto così sembra un invito di quelli comuni, ma per una come me che ama il mare, che ha avuto la fortuna di lavorare a Trieste e che vive a pochi km da dove si svolge il tutto, era una tra le domande più meravigliosamente allettanti degli ultimi tempi. Senza pensarci ho accettato.
L’attesa
Da quel giorno di agosto mi sono ripetuta non so quante volte: “Ma davvero Fa’? Ma parteciperai proprio tu alla più grande regata al mondo di barche a vela? Sarai in grado di viverla senza farti prendere dal panico per essere la tua prima volta? Ce la farai visti i tuoi problemi intestinali? Reggerai l’emozione?”
Quante domande, quante paure, quanti dubbi. Ma quando mai mi sarebbe capitato nuovamente? E poi, doppio e quasi triplo compleanno! 50 anni di Aism, 50 anni di Barcolana e per un paio di giorni 37 anni della Fa’. Per cui via tutte le paure, via tutte quelle paranoie assurde che sono così brava a crearmi e vivi. Vivila fino in fondo.
In barca
Domenica 14 Ottobre, giornata splendida di sole. Tutto sembra perfetto. Si inizia a sentire la tensione, ho le mani ghiacciate dall’emozione. Partenza da Trieste alle ore 08.15, direzione Marina di Muggia, dove ad aspettare me e il Professor Marco Salvetti, direttore del Centro di Neurologia e Terapie Sperimentali dell’Università La Sapienza di Roma e ricercatore AISM, c’era tutto l’equipaggio della VANISH II, uno SWAN 56, una di quelle barche che mai nella mia vita mi sarei sognata nemmeno di sfiorare.
Quanti visi sorridenti davanti a me, quanti volti raggianti, quante mani strette con forza e grinta come a dirmi: “Benvenuta, stai tranquilla, ci pensiamo noi a te adesso”. Passione, complicità, professionalità. Sarà stata la divisa a fare il suo, o probabilmente mi sarei sentita allo stesso modo anche senza quell’azzurro così vivace che portavamo sulle spalle, ma mi sono sentita a casa dal primo momento.
Ci siamo. Partenza. Dalla Marina , ci dirigiamo alla linea di partenza. 2689 barche a vela. Vele, vele ovunque.
Qualche minuto prima dell’orario di partenza le Frecce Tricolori ci hanno regalato uno spettacolo unico sfrecciando a pochissimi metri da noi. Nonostante le abbia viste molte volte, la loro base a pochi km da dove abito, confermo che ogni volta è sempre un brivido riempirsi gli occhi di tutto ciò che sono in grado di fare.
Ora però è il momento di guardare gli orologi. Inizia il conto alla rovescia. 22 nodi, la Bora è con noi. L’equipaggio inizia a lavorare e io osservo la perfetta sintonia e la perfetta distribuzione dei compiti di ognuno di loro. Si spiega la vela e non sono probabilmente in grado di descrivere l’orgoglio nel vedere i colori bianco e rosso e nel leggere “un mondo libero dalla sclerosi multipla” oppure l’invito al messaggio solidale DONA AL 45512.
Partiti!!
Il nostro Skipper Mauro Parladori inizia ad impartire gli ordini in maniera molto sicura. Ognuno di loro lassù sa esattamente cosa fare. Sento parole come Genoa, Randa, Spinnaker. Termini a me sconosciuti ma affascinantissimi. Concentrazione, spirito di gruppo. Si devono capire con qualche parola, gli sguardi sono una perdita di concentrazione. Nessuna distrazione. Una mossa sbagliata può essere davvero pericolosa, soprattutto con tutte quelle vele attorno.
Si va! Primo giro di boa, e qui capisco cosa sta per succedere. Devo spostarmi da un lato all’altro della barca se non voglio trovarmi con il fondoschiena in acqua. Ops. E come fare? Non c’è tempo di domandarlo ora, trova le tue forze e vai. Meraviglia. Ce l’hai fatta Fa’! Ero talmente tanto fiera di me che c’avevo preso gusto e aspettavo i comandi per farlo nuovamente. Di qua e di là. Stavo contribuendo anch’io in minima parte a fare da contrappeso. (E nemmeno tanto minima visto il peso da vitellino che ho!).
Ci stiamo avvicinando all’arrivo, quasi davanti a Piazza Unità, vicino ad un Amerigo Vespucci attraccata in porto già da qualche giorno. È passata poco più di un’ora. L’equipaggio già lo sa che la posizione in classifica è buona e si iniziano a stendere i volti di tutti. Si inizia a pensare al cibo da divorare al rientro. Quanta gente sulle rive, quanti applausi per chi terminava.
32esimi assoluti.
Sono senza parole. Sono felice. Sono fortunata. Ho avuto un’opportunità unica. Ce l’ho fatta. Sono fiera di me e di come ho saputo cogliere ogni sfumatura di questa meravigliosa avventura. Ho potuto riempirmi della forza del vento e del mare. Ho conosciuto persone incredibilmente belle nell’anima che non smetterò mai di ringraziare per avermi regalato questo sogno.
Grazie AISM. Grazie a tutto l’equipaggio di Vanish. Grazie Prof. Salvetti (e alla moglie Stefania). Vi porto nel cuore e… buon vento a tutti!
Tra vent’anni sarai più infastidito dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. Perciò molla gli ormeggi, esci dal porto sicuro e lascia che il vento gonfi le tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.
(Mark Twain)
Meravigliosa esperienza, complementi. Grazie per aver raccontato con stupore, franchezza e adrenalina questo momento unico ed esaltante. Nonostante le tue incertezze sul tuo stato di salute hai dimostrato coraggio e forza di vivere. Sei un bellissimo esempio per tutti noi malati di SM.
Ciao