Voglio liberarmi del peso dell’anonimato

Marco vuole superare il disagio di raccontarsi per quello che è, e per come sta affrontando la sclerosi multipla. Un peso di parole non dette e incertezze che molti ragazzi vivono tutti i giorni.

Ciao, sono Marco e ho 23 anni. Da più di tre anni convivo con la sclerosi multipla. Mi ha cambiato la vita, il modo di pensare, il modo di pormi rispetto alle altre persone.

Penso il doppio e dico la metà. Ho sviluppato una sensibilità che non sapevo di avere, allo stesso tempo però la nascondo con una freddezza e un distacco che danno l’impressione che io sia quasi insensibile a ciò che mi accade.

Voglio liberarmi di un peso, quello dell’anonimato. Quello che ti mette a disagio quando parli con qualcuno, che non sai mai cosa rispondere alle mille domande che ti vengono fatte sulle tue strane abitudini. Quello che ti blocca nelle relazioni perché ti chiedi se ha senso mettere in gioco le tue debolezze, se chi sta dall’altra parte è disposto a convivere con questa parte di te e se hai veramente voglia di obbligare qualcuno a conviverci.

Scrivo questo pensiero perché voglio raccontarmi una volta per tutte, sono stanco delle parole non dette e dei pensieri inespressi. Sono tutti pronti a giudicarti, sono pronti a dirti che quello che fai è sbagliato o che semplicemente crei un problema dove non c’è. Eppure io un problema ce l’ho, anche se non si vede, come tantissime altre persone.

Mi mostro sempre per un qualcuno che non sono. Spesso sembro superficiale, quasi banale. Non riesco a fidarmi delle persone, è un meccanismo di autodifesa che mi ha reso introverso. Avrei così tante cose da dire, ma mi chiedo se ci sia veramente qualcuno disposto a mettersi a nudo di fronte all’intimità dei miei pensieri.

Mi sveglio ogni mattina con la convinzione che sarà una bella giornata. Certo c’è da combattere, ma quello che voglio per la mia vita è più forte degli ostacoli che mi trovo davanti. Dovrei vivere con la preoccupazione che forse tra un mese, un anno o anche semplicemente domani potrebbe essere uno di quei giorni in cui tutto non va come dovrebbe andare, ma ho un ego troppo grande per permettere che ciò accada.

Ringrazio chi in questi anni ha avuto il coraggio e la forza di supportarmi e sopportarmi, di chiedermi come sto e come vanno i controlli. So che non è facile.

Non preoccupatevi, ho intenzione di star bene ancora per molto tempo.

Marco


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6 commenti

  1. Ciao Marco,
    le prima frasi del tuo raccontano dicono molto di più di quanto il numero di parole utilizzate lascerebbe intendere. “Mi ha cambiato la vita, il modo di pensare, il modo di pormi rispetto alle altre persone”..eh già. “Pensare il doppio e dire la metà”…quanto è vero. Ci sarà sicuramente qualcuno disposto a mettersi a nudo di fronte all’intimità dei tuoi pensieri, di questi tuoi pensieri e di tanti altri che ci saranno. Probabilmente non saranno molti…ma nemmeno pochi..e forse per molti l’importante è che sia almeno una.
    Buona fortuna.

    • Hai centrato il punto amico
      È verissimo che basta anche una sola persona per fare la differenza

      Marco buona fortuna per tutto
      Sei in gamba

  2. Dici ‘ho un ego troppo grande’…. A me dissero ‘Hai un ego che fa provincia’; sappi che ti aiuterà

    Ma riprendiamo seguendo i (tuoi) punti:

    • “Penso il doppio e dico la metà”: è una qualità. C’è chi pensa zero e parla sempre (tradotto: parla senza pensare ).

    • “Voglio liberarmi di un peso, quello dell’anonimato”: uuuuuuhhhhhhhhhh se conosco anche io questo timore, eccome. Io sto imparando (sto provando) a superarlo forzandomi ad essere più franco e diretto. Butto la palla dall’altra parte, del tipo “Guarda, il mio casino è questo, tieni!”. Scappa? Era meglio scappasse allora. A non rivederci. Confesso che inizialmente lo facevo per isolarmi, per trovare una scusa ad isolarmi, e così giustificare tutto. Ma è successo che alcuni (molti) non siano scappati, e allora è una bella responsabilità che ti ritorna; perché scopri che son disposti ad accettarti così come sei, e quindi non hai più scuse, anche tu puoi farlo (e se a questo punto scappi tu… chi ti giustifica?).

    • “Scrivo questo pensiero perché voglio raccontarmi una volta per tutte”, sommiamolo a “io un problema ce l’ho, anche se non si vede, come tantissime altre persone”: cacchio, colpito nel segno. Io mi rendo conto che in realtà non finisco mai di raccontarmi (l’ego…)… forse perché cerco una qualche risposta da chi mi sente. Cerco i “ti capisco”, ma mi sono accorto che a volte valgono di più i “non posso capire, mi dispiace, ma io rimango qui lo stesso se me lo consenti”. E così comprendo che forse è pretendere troppo che gli altri capiscano sempre. E va bene così, pretendo però rispettino ciò che di me non capiscono (come io posso non capire gli altri).
    Ah, poi quelli che giudicano o esprimono sentenze o assiomi o comandamenti: con un ‘ma va là?’ li disintegreresti. Ma non vale la pena, non vale la pena.

    • “Mi mostro sempre per un qualcuno che non sono”: anche qui, che fatica togliere la maschera. O le maschere, e essere quello che vogliamo e non quello che vogliono (o quello che preferiscono, nascondendo quello che pensiamo sia meglio non mostrare). Che fatica. Il riuscirci si chiama ‘condivisione’ (e occorre che anche l’altro si fidi di noi). E occorre anche una buona dose di menefreghismo (perché possiamo non piacere). Fa ti ca.

    • “Mi sveglio ogni mattina con la convinzione che sarà una bella giornata” da sommare a “vivere con la preoccupazione che forse (…) domani potrebbe essere uno di quei giorni in cui tutto non va come dovrebbe andare”. Ora, quando succede che tutto va come dovrebbe andare? Scherzi a parte, mi ripeto sempre, ma cito di nuovo il Guglielmo (lo Shackespheare): “Spesso le nostre paure ci precludono la gioia della vittoria”. Lo so bene anch’io, quando ti fermi per la paura. O quando hai paura e vorresti fermarti.
    Di anni ne ho più del tuo doppio, probabilmente nemmeno dovrei essere qui Non ho molti consigli da darti su come andare avanti, ma un avvertimento e un augurio si…

    L’avvertimento: probabile dovrai affrontare sconfitte (io ho un elenco di ‘non ce l’ho fatta’, e bruciano di più quelle accompagnate da ‘non ci ho nemmeno provato’).

    E l’augurio: di poter raccontare tante vittorie come ne posso raccontare io. E a leggerti, pare tu sia nella buona strada, più buona della mia 😉

    Deiv

    • Mi ha colpito positivamente questa tua analisi e condivisione DEIV. Ho letto tutto con molta attenzione. E’ stato confortante ritrovarsi tra le tue righe.

      • E che (mia) sorpresa sapere che non si è gli unici a provare certe sensazioni, certe situazioni, certi timori. A volte si riesce ad essere presuntuosi (parlo per me) anche su questo.

        Deiv

  3. Anche io come te ho tenuto nascosto a tutti tranne i familiari la mia malattia solo dopo 23 anni .mi so no fatta coraggio e ne ho parlato.Ho 65 anni

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