Storie per un mondo libero dalla sclerosi multipla

La malattia è meglio viverla da soli?

unitiHo un lavoro, un figlio e la sclerosi multipla. Una vita piena. Ciò che non considero, perlomeno al momento, è l’idea di fare volontariato. Non è un fatto di tempo ma di sentirsi predisposti o no. È possibile fare qualcosa per coinvolgere quelli più restii come me?

 

Ho 37 anni, vivo in provincia di Siena, ho un lavoro part-time comunque intenso e un figlio splendido di 4 anni. Insomma, la mia vita è bella piena. E non manca anche la sclerosi multipla, diagnosticata nel 2004 anche se ce l’avevo da molto prima. Oggi mi gestisco bene con i farmaci e il decorso è abbastanza buono, ricadute a parte. Ciò che proprio non considero, perlomeno al momento, nella mia vita, è l’idea di fare volontariato, quello attivo intendo. Il problema del tempo, sì certo c’è. Ma c’è dell’altro. In famiglia ho già avuto gravi malattie e se devo devolvere qualcosa, lo faccio per la onlus che aiutò mio padre quando era ammalato e stava per morire. In più il peso di ciò che provai allora, ancora lo sento: per me stessa infatti sono un caterpillar, non mi spaventa nulla, sopporto tutto, gli amici mi definiscono coraggiosa. Ma vedere gli altri malati è un’altra cosa. E poi mi chiedo: ci si sente più malati a fare volontariato per le persone con sclerosi multipla? Secondo me sì. Se posso e quando capita, aiuto AISM, per esempio acquistando i fiori in piazza, ma non sono mai stata tentata di starci io, dietro quei banconi. Ancora meno penso all’assistenza diretta. Mi metterebbe in seria crisi, sono sincera. Forse resto ancora dell’idea che la malattia, finché è leggera e ci si può passare sopra, sia meglio viverla da soli, a parte le chiacchierate col vicino di flebo in ospedale. Li vedo, i giovani che fanno volontariato, li vedo anche nel mio centro clinico a Siena. Che dire? Certo sono coraggiosi, senz’altro bravi. Forse con l’età e la consapevolezza della SM, un po’ più di ansia ti viene; forse riescono meglio loro, che sono ancora liberi da impegni. Ma nel profondo è questione di sentirsi predisposti o no. Chiedo ad AISM, è possibile far qualcosa per coinvolgere anche i più restii come me? O magari le persone sane, che hanno meno risvolti personali?

Susanna Riccucci

 

La kettera di Susanna è stata pubblicata su SM Italia 4/2014. Sul sito AISM puoi scaricare il numero della rivista e leggere la risposta a questo intervento di Manuela, un’altra donna con SM che vive le stesse situazioni, e dice: “Per me, fare volontariato in AISM ha voluto dire – e vuol dire – dare un senso positivo alla sclerosi multipla che, di positivo, non ha certamente nulla…”.

2 risposte

  1. Ciao Susanna, innanzitutto grazie per la tua testimonianza! Io posso parlarti della mia piccola esperienza. La svolta nella mia vita a livello di associazione l ho avuta al mio primo convegno giovani, per cui partecipando attivamente aduna possibilità che mi veniva data. Mi si è aperto un mondo, ho trovato un sacco di mani tese ad aiutarmi, sorrisi sinceri, forza, grinta, paure e nuove esperienze. Da quel momento ho iniziato a credere e ad attivarmi, per quanto mi sia chiaramente possibile con i miei tempi. Mi piace dedicare un week end alle gardenie dietro allo stand e pensare che quello che sto vendendo lo vendo per aiutare me e tutti noi, e quelli che verranno. E lo stesso vale per le mele, per le stelline, per i braccialetti, per ogni cosa.Io posso consigliarti di fare un passo alla volta e se te lo senti, nessuno ti obbliga a fare nulla. Noi siamo qui. Un bacio grande!!!

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