Quel malessere che non mi spiegavo

A volte ottenere una diagnosi è un percorso faticoso e irto di ostacoli, dove si mescolano questioni sanitarie e tante, tante emozioni diverse. La storia di Antonio ne fa emergere alcune.

Ho 27 anni e sono da poco più di un anno membro a tutti gli effetti del club degli sclerotici. Prima di raccontarvi la mia storia tengo a dirvi che se è vero che siamo fatti di carne ed ossa è anche e soprattutto vero che siamo fatti di sogni ed emozioni, ed è proprio questo che ci distingue dalla sclerosi multipla. Per quanto tenti di abbatterci, sabotarci e buttarci giù di morale non riuscirà mai a provare nulla del genere perché non è fatta della nostra stessa materia, è solo una malattia in fin dei conti.

La mia storia inizia una mattina di giugno di oltre un anno fa: come tutti i giorni mi recavo a lavoro e ricordo che mi svegliai con un’ansia insolita e un malessere generale che non riuscivo a spiegarmi. Giunto a lavoro mi sentivo strano, debole, angosciato, stanco e senza forze, tanto che iniziò a sopraggiungere un dolore al petto e il respiro si fece affannoso. Era come dopo ho scoperto un attacco di panico. Impaurito dissi al mio capo che non mi sentivo bene e che sarei andato a casa per riprendermi.

Mentre guidavo sentivo la testa sempre più leggera, ovatta, vuota e allo stesso tempo avvertivo capogiri e delle scosse che partivano dalla nuca per terminare alla base del bacino, quello che i medici chiamano segno di Lhermitte e che buona parte di noi conosce.

Una volta a casa mi accorsi che non riuscivo né a reggermi in piedi né a camminare dritto, sembravo ubriaco agli occhi delle persone e ricordo che mio zio mi disse: “Antò, ma come cavolo ti sei combinato?”. Quanto avrei voluto che fosse una semplice sbronza ma io non avevo bevuto né tanto meno assunto droghe.

Faticosamente raggiunsi l’appartamento e mi sdraiai sul divano, cercavo di capire e gestire la situazione ma pur facendo tutti i passaggi logici non trovavo una spiegazione a quel mio malessere e a quelle vertigini che si facevano sempre più insistenti, cominciavano anche a provocarmi vomito e problemi di vista, tanto che fu quasi un’impresa riuscire a chiamare mia madre per farla rincasare.

Come se nulla fosse e con i ricordi un po’ sbiaditi mi ritrovai seduto in un letto d’ospedale, con mille aghi nelle braccia e con 4 o 5 medici che non riuscivano a spiegarsi del perché stessi in quelle condizioni. La Tac all’encefalo era pulita, le analisi anche, il test per droga e alcool ambedue negativi.

Allora cosa poteva essere? Purtroppo l’ospedale era piccolo e mancava d’esperienza e di formazione sulle malattie neurologiche, quindi mi mandarono a casa dicendo che per loro non avevo nulla, che probabilmente era un po’ di cervicale dovuta ad un colpo di vento, e mi prescrissero una pastiglia 2 volte al giorno.

Come potete immaginare nonostante seguissi scrupolosamente la cura, la situazione non migliorò, e visto che in famiglia non è la prima volta che abbiamo a che fare con malattie neurologiche, considerando l’ictus di mio nonno paterno, ci recammo a Napoli da un luminare della neurologia.

Appena mi vide senza bisogno di fare la visita capì, e immediatamente mi fece ricoverare al San Paolo. Da lì iniziò l’iter di esami necessari. Come sappiamo questa malattia non si vede dalle immagini di una Tac ma ha bisogno di una risonanza magnetica, il prelievo del liquor encefalico attraverso la tecnica della rachicentesi e i potenziali evocati.

Dopo una settimana di ricovero e massicce dosi di cortisone per sfiammare la zona colpita, perché solo con l’uso di tale medicinale è possibile curare un’infiammazione in atto, il dottore mi disse: “Ragazzo, fortunatamente dagli esami non è emersa nessuna malattia mortale, ma qualcosa è uscito. Da oggi e per il resto della tua vita dovrai convivere con una malattia cronica del sistema nervoso chiamata sclerosi multipla”.

In quell’istante sentii il mondo crollarmi addosso. Ne avevo sentito parlare e sapevo che non era una semplice infezione. Da ignorante pensavo che chi ne era affetto prima o poi sarebbe finito in carrozzina e in stato vegetativo.

Non posi nessuna domanda al dottore, semplicemente gli chiesi di lasciarmi il tempo di metabolizzare la cosa, così andai a casa e ricordo che per tutto il tragitto mi ripetevo solo: non piangere, non farti vedere in queste condizioni da tua madre, che non ha la tua stessa forza d’animo.

Dopo tre giorni mi recai nuovamente al San Paolo per sapere come dovevo comportarmi, come sarebbe cambiata la mia vita, se c’era una cura e soprattutto quanto tempo e come avrei vissuto il resto dei miei giorni.

Il dottore prima sorrise e poi mi disse: “Ragazzo, non ti preoccupare, adesso sei nelle mie mani e il mio unico obiettivo è quello di farti stare bene”.

Allora capii con chi stavo avendo a che fare e se è vero che ognuno di noi ha un angelo custode il mio ha un nome e un volto.

Sono quasi due anni che convivo con la sclerosi multipla. Ci sono alti e bassi, recidive e remissioni, giorni buoni e giorni cattivi, la diagnosi è sempre un boccone troppo amaro da digerire ma alla fine io ringrazio la sclerosi multipla perché senza non sarei quello che sono oggi, e di sicuro non sarei cambiato così tanto in così poco tempo.

Grazie ad essa ho stretto più legami di quanti né riesca a contare e sono diventato una persona più gentile e disponibile.

Sia chiaro, la vita con la sclerosi multipla non è semplice, ma neanche senza lo è. La maledico e la benedico allo stesso tempo perché mi ha fatto conoscere la fragilità e ha annullato la mia convinzione di invincibilità, però mi ha fatto soprattutto capire cosa significa vivere e apprezzare ogni singolo momento e mi ha fatto uscire dalla cecità in cui versavo.

Citando Ezio Bossi, un grande della musica, “non so dirvi se oggi sono felice, ma posso dirvi che mi tengo stretto ogni singolo momento di felicità”.

A.


Se vuoi condividere la tua storia scrivi a blog@giovanioltrelasm.it

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14 commenti

  1. Carissimo A. , grazie per questo racconto che descrive anche la storia di molti di noi.
    Quello che dici è verissimo, anch’io maledico la SM per i disagi che mi causa, ma allo stesso tempo riconosco che grazie alla SM sono diventata una persona diversa e forse migliore. Questo nostro problema, così invadente, riesce infatti a dare un nuovo valore di scala a tutto ciò che accade a noi ad intorno a noi. Cose che non riuscivo neppure a vedere sono diventate inaspettatamente luminose dando un nuovo colore alla mia vita. E’ vero, dopo quasi 30 anni di malattia ho lasciato indietro qualcosa della mia VECCHIA mé, ma al contempo, nel cuore mi accorgo di sentire tutto in modo più intenso, come se vivessi in doppio: forse dentro e fuori ….ed è il “dentro” che mi piace chiamare con il mio nome, il “fuori” in fondo è solo un contenitore. Buona vita
    Chiara

  2. Bellissima storia, mi ci riconosco, io sono appena entrata, l’ho appena scoperto. Sono positiva, anche spaventata . Ma storie di questo genere mi fanno capire che ce la si può fare, grazie

    • Ciao, Francesca anch’io è da poco che ci coinvivo con questa nuova intrusa.. Purtroppo dobbiamo essere forti anche quando il fisico nn lo permette nn dobbiamo abbatterci, dobbiamo essere forti più che fuori dentro è vedrai che sarà meno faticoso di quanto pensi… Lei è parte di noi ma sarà sempre un intrusa nn c’entra niente col nostro essere.. Un abbraccio

  3. Giuliana Celia Reply to Giuliana

    Complimenti per come stai affrontando il tutto, vorrei che mio figlio fosse come te. Noi a tre anni dalla diagnosi siamo ancora in un vicolo cieco, con un figlio che non fa più terapie da agosto e non ci parla da 5 mesi. È dura anche per noi genitori. Un abbraccio e non mollare mai.

    • Ciao Giuliana, nel racconto ho omesso di dire che inizialmente caddi in uno stato di depressione che durò per circa 3 mesi. Durante questo periodo come tuo figlio non volevo vedere nessuno e parlavo pochissimo. Stavo accettando la cosa ma in modo sbagliato perchè chiudersi in se stessi non serve a niente, non facciamo altro che alimentare quello che alla fine è uno dei suoi scopi e cioè distruggerci fisicamente, ma soprattutto mentalmente. Non sono in diritto di giudicare nessuno ma mi sembra che il non parlarvi è come attribuirvi una colpa che non è vostra, essa non ha un perchè, capita è basta, sta a noi riuscire ad accettarla e combatterla e credimi quello che sta facendo tuo figlio non serve a niente se non a farsi del male da solo.

      Spero x lui che riesca a superarla confidando nei medici che lo hanno in cura.

      Un abbraccio

    • Ciao Giuliana,
      se fossi tuo figlio sarebbe molto brutto leggere che vuoi che sia come un’altra persona. Piuttosto che leggere le storie di questo blog dove spesso ce la si canta e ce la si suona da soli e sperare che la reazione di tuo figlio sia uguale a quella di persone che nemmeno conosci e di cui non conosci il vissuto, ti consiglierei come figlio da un lato e come padre dall’altro di concentrarti più su com’è tuo figlio e su cosa prova e di apprezzarlo per quello che è. Il suo modo di affrontare la malattia è il SUO modo e non è detto sia peggio di altri. Forse se lui come figlio da te vede questo, magari ricomincia anche la terapia.

  4. Questi racconti sono realtà vissute, ci convivo dal 2008, certo nonostante ringrazio Dio, ma le nostre sono difficoltà poco evidente ma che spesso fanno si da farci quasi isolare nella nostra astenia

  5. enza verdesca Reply to enza

    Sono con te.. Anch’io ho fatto il tuo stessi percorso di esami… A me e uscita una sclerosi combibata…. E diversa dalla multipla ma e delka stessa razza… Auguroni.. Ci sono se vuoi..

  6. Salve, mi chiamo luca ho 34 anni e devo dirti giovanni che mi rivedo pienamente nel tuo racconto……e dall’età di 16 anni che so di avere la sclerosi multipla ed ho scoperto di averla propio come da te descritto, all’inizio sono rimasto sconvoltodate la giovane età l’inesperienza nel affrontare situazioni del genere ed essendo anche un mega sportivo all’epoca….si e vero tante cose sono cambiate noi stessi cambiamo con questa malattia però posso anche dire che la malattia stessa ci da una forza inaspettata ce la fa quasi trovare dove gli altri nn osano nemmeno guardare e lo posso ben dire dopo molte vicende situazioni a cui la vita stessa mi ha sottoposto. Ad oggi posso dire che sono marito e ancora più felice papà di una bellissima bimba e che la vita va avanti e nn e finita qui.

  7. Ciao, ho 43 anni e mia madre è affetta da SM dal 2006,
    Questa malattia ha sicuramente cambiato la sua vita; a me ha insegnato che cosa è il coraggio, l’esempio di mia madre, donna straordinaria, mi ha dato modo di capire che cosa significhi non arrendersi mai, vederla lottare è stato un grande insegnamento che porterò per sempre nel mio cuore! Auguro a tutti la forza di non arrendervi mai! Mai!

  8. Mi piace leggere lettere così cariche di emozioni e assaporarne ogni parola. Ci convivo da 10 anni, sorrido alla vita e sopratutto ne apprezzo ogni attimo: una vita dai mille colori.
    Grazie A.

  9. Nicla toto Reply to Nicla

    Ciao e grazie per aver condiviso la tua storia….per me e’ diverso…nn ho io la sm ma mio figlio di appena 9 anni…ora sono nel tunnel della disperazione…sto cercando conforto e storie che passano darmi un briciolo di speranza….ora e’ dura …..vorrei averla io ..mai nella vira ho provato un tale senso di impotenza

  10. Anna M. Mascagni Reply to Anna

    Carissimi,
    io vivo da 20 anni con la SM, mi rivedo in ogni storia, in ogni percorso, non è stato facile arrivare ad una diagnosi, ho sottovalutato i sintomi lievi per anni, forse,ma il dover accettare ed elaborare la malattia è, sempre e comunque un percorso lungo e difficile da affrontare.
    Trovare un neurologo con il quale ti trovi in empatia ed al quale affidarti completamente è come dar forma ad un sogno,purtroppo non sempre possiamo concentrarci solo sulla nostra patologia, perché viviamo in un contesto familiare, sociale ed abbiamo dei doveri e anche nei confronti di chi ci è vicino.
    Personalmente ricordo la prima volta che ho fatto l’esame obiettivo come un incubo, la Risonanza Magnetica, come una sentenza, la rachicentesi come una conferma oramai certa,ma quello che più mi è stato difficile è stato il dover accettare la contemporanea diagnosi di neoplasia di mio padre e, quelle parole:” leucemia mielo-monocitica” sono state ancora peggiori di quelle che avevo dovuto sentire io.
    Tutto questo per dire che le persone, trovano sempre un modo per accettare ed elaborare un lutto o una diagnosi,il coraggio e la forza di vivere la propria vita, talvolta è più forte di qualsiasi altra cosa. Credo proprio che sia vero che “ciò che non ci uccide, ci rende più forti”!! Forza insieme ce la faremo! Forza siamo dei sopravvissuti !

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