Se oggi dovessi ingoiare una vitamina che mi faccia partire da zero la chiamerei presente. “Ieri è passato. Il domani non è ancora arrivato. Abbiamo solo l’oggi: cominciamo!” , dice Madre Teresa di Calcutta.
Mi sono imbattuta in un articolo sul sito dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) che faceva più o meno così: com’è vivere con un partner affetto da sclerosi multipla. Raffaele ha declinato l’invito, e mi ci sono messa io nei suoi panni. Quando tutto va bene, credo che manco ti accorgi di aver al tuo fianco una persona malata, (anche se spesso si offre lui a tagliare il pane o la cipolla), ma poi durante il periodo di ricaduta cambia tutto. Ti senti solo, facilmente vincibile e sai che non puoi arrogarti il diritto di lamentarti perché lei sta peggio. “A me chi ci pensa? Dove trovo le forze per sorreggere me e lei? Mollo tutto. Domani però…”. E non molli mai, provi rabbia e frustrazione. La guardi e provi dolcezza e paura insieme.
“Ieri è passato. Il domani non è ancora arrivato. Abbiamo solo l’oggi: cominciamo!” , dice Madre Teresa di Calcutta.
Sono passati tre mesi da queste mie ultime parole. Cambiamenti nella mia vita ce ne sono stati, ho iniziato un percorso con la psicologa con l’EMDR. (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari). Di che si tratta? Di rivivere il trauma attraverso la stimolazione oculare destra e sinistra, nel mio caso mi batteva con le mani sulle gambe. È molto più complicato di così, ma…in rete trovate tutto!
È stato un percorso duro, lungo e doloroso. Ho ripercorso quei momenti riprovando la stessa rabbia per l’impotenza provata su quel lettino o a terra quando cadevo. La mancata forza nel non esser stata capace di rassicurare il mio papà, il fastidio nel non riuscire a controllare gli spasmi involontari del mio corpo, ho risentito i dolori in testa, nell’occhio di quando il neurologo provò a farmi rinvenire schiacciandomelo forte, ma poi arrivava la pace. La psicologa mi faceva tornare nel mio luogo sicuro, dove sono me stessa, dove mi concedo. Aaah!! Respiro.
Non ho mai pianto tanto. Non mi sono mai sentita così nuda ed esposta come in quei momenti, mi bastava una parola detta male o uno sguardo antipatico per farmi piangere. Un percorso non ancora concluso, ma sono positiva: ci sono quasi.
Mi mancava tanto il mio lavoro, mi mancavano tutti i “miei” bambini, mi mancava la mia quotidianità. Così dopo due mesi e mezzo a casa sono rientrata a lavoro a pieno ritmo. Non nascondo che avevo parecchia paura, poca fiducia nel mio corpo, del quale avevo ormai perso ogni potere. Paura di scordarmi le cose, paura della fatica. La mente. L’ansia. Gran combinazione di casino, perché alla fine ho accusato un po’ di fatica ma tanta gioia nello scoprire di essere tornata normale. Se così mi posso definire.
Francesca
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